di Paolo Rasoini

A chi ha occasione di viaggiare in treno, non importa su quale tratta, non sarà sfuggito che anche i luoghi più insospettati vengono utilizzati per ricavare un piccolo orto con immancabile pollaio. Non solo campi incolti e piccoli appezzamenti in aperta campagna, ma anche piccole aree periferiche destinate inizialmente ad altro uso e poi abbandonate e fazzoletti di terra inutilizzati di ogni tipo, vengono prontamente colonizzati per piantare un cespo di lattuga ed allevare due conigli e qualche gallina, magari ospitati in un gabbiotto messo su alla buona con delle tavole di recupero e un po’ di rete.
E questo succede anche in mezzo alla città, sul retro di sussiegosi palazzi che, visti “lato facciata principale”, mai lascerebbero trasparire la popolana presenza dei nostri beneamati animali.
Questo la dice lunga sulla reale consistenza dell’allevamento avicolo “privato” in un Paese come il nostro, che vanta tradizioni antiche nel settore dell’allevamento e la cui economia, fino a cinquanta anni fa, era basata in larga parte sull’agricoltura.
Evidentemente, non abbiamo ancora reciso questo cordone ombelicale, e non sembriamo affatto intenzionati a farlo.

Ma allora: perché invece il modo dell’avicoltura amatoriale “organizzata”, per così dire, non è così affollato come ci si potrebbe aspettare? Perchè la maggior parte degli avicoltori, anche quando tiene animali di razza, non partecipa alle esposizioni, non si iscrive alle associazioni di categoria e spesso non partecipa neanche come spettatore alle manifestazioni ed agli eventi sociali?
E ancora: quali difficoltà incontra chi vuole avvicinarsi all’avicoltura amatoriale e cosa possiamo fare per facilitare l’espansione di questo nostro bellissimo hobby?
Dalla mia situazione di allevatore “ibrido”, né del tutto fuori dal mondo avicolo organizzato, né partecipante a pieno titolo dello stesso, vorrei qui tentare una riflessione sul tema dello sviluppo dell’avicoltura e dell’associazionismo.
Premetto che non ho alcuna intenzione polemica, anzi. Vorrei solo far conoscere il punto di vista di un non addetto ai lavori che spera di progredire e si trova a confrontarsi con una serie di problemi.
Sarei contentissimo se si trovasse il modo di risolverne o attenuarne qualcuno, e mi auguro di trovarmi, domani, ad esporre i miei animali nel contesto di manifestazioni sempre più ricche ed affollate.

Chi siamo?

Per cominciare in modo adeguato, bisognerebbe capire che tipo di avicoltori amatoriali sono gli italiani, quanti ce ne sono, e quanti animali allevano.
Già qui sono dolori: l’anagrafe degli allevatori tenuta dal servizio veterinario probabilmente non registra che una piccolissima parte dei pollai esistenti, anche se c’è stato un certo aumento l’anno scorso con i timori causati dall’influenza aviaria.
Il numero di animali dichiarato al momento dell’iscrizione è poco indicativo, perché varia facilmente, ed in ogni caso il registro non ci dice di che genere di avicoltore si tratta.
Sarebbe forse interessante pubblicare un questionario o fare un sondaggio, magari in occasione delle manifestazioni avicole, sul sito FIAV o sul bollettino, anche se risulterebbe necessariamente parziale.
Per sommi capi, diciamo che gli avicoltori italiani appartengono a questi gruppi:
1. Specialisti e tecnici, studenti e studiosi, giudici, membri del CTS, professionisti del settore che sono anche amatori. Più in generale, allevatori amatoriali molto “seri” ed evoluti, che hanno conoscenze abbastanza approfondite su molte razze, di solito fanno selezione, spesso sono impegnati anche nelle associazioni e frequentano mostre ed eventi vari anche come espositori.
2. Avicoltori “medi” che allevano in purezza, eventualmente a rotazione, un numero limitato di razze che si sforzano di conoscere meglio e sulle quali eventualmente cercano di praticare la selezione. Di solito cercano di mantenersi in contatto con l’ambiente avicolo, visitano le mostre e talvolta si aggregano in associazione.
3. Allevatori “generici” che non fanno alcuna selezione, ma magari si sono innamorati di un soggetto visto per caso e se lo sono portato a casa. Non sono troppo interessati allo studio delle caratteristiche dei loro animali, che spesso ibridano senza problemi, ma visitano sempre volentieri una mostra.
4. Allevatori “utilitaristi” che non sono interessati tanto alla selezione né alle caratteristiche razziali dei loro animali in sé, quanto piuttosto a quello che possono ricavare dall’animale (uova, carne). Difficilmente visiteranno una mostra o si iscriveranno ad una associazione avicola.

Le attrezzature e gli spazi di cui possono disporre gli avicoltori amatoriali variano moltissimo ed condizionano pesantemente la pratica di allevamento, non solo in funzione della eventuale selezione, ma anche in termini di numero di razze allevate, condizioni igieniche, profilassi, possibilità di separare i maschi dalle femmine e quindi di avere dei bei soggetti da presentare alle mostre etc.
Un ulteriore elemento di variabilità del comportamento dell’allevatore è l’aspetto “affettivo”, da cui non sono totalmente immuni neppure gli “utilitaristi”. Nella sua forma più radicale, l’allevatore affettivo tratta i suoi animali, indipendentemente dagli altri fattori, come beniamini di casa. Spesso è un animalista convinto e si rifiuta categoricamente di uccidere e mangiare i suoi polli, almeno in prima persona.
In definitiva, ognuno di noi alleva secondo le sue preferenze e le sue possibilità, ognuno è ricettivo a fattori diversi di coinvolgimento e di interesse in quanto ricerca nell’avicoltura un tipo diverso di soddisfazione.
Che si può fare per allargare raggiungere il maggior numero di appartenenti a questo gruppo eterogeneo? Non ho la ricetta giusta, ma indipendentemente da quale sia l’elemento trainante, credo che si debba cercare di facilitare il passaggio del maggior numero possibile di persone dai gruppi più generici e meno coinvolti nell’avicoltura amatoriale organizzata, ma anche ben più numerosi, verso quelli più attivi e specializzati. Riuscire in questo significa essere di aiuto agli avicoltori ed assicurare un buon futuro alle associazioni, alle manifestazioni di settore, ma soprattutto alle specie avicole che cerchiamo di perpetuare e migliorare.

La tendenza.

Per quel poco che posso percepire io, frequentando i forum ed alcuni siti Web, l’interesse verso l’allevamento amatoriale di avicoli è in netto aumento. Mi sembrano chiari segnali in questo senso la quantità di informazioni che si riescono a trovare sulla rete, impensabile solo due anni fa, le molte e-mail di altri appassionati che io stesso ricevo, il numero di visitatori che si fermano agli stands avicoli durante le mostre ‘miste’, il fatto stesso che il numero di manifestazioni avicole aumenta ogni anno.
Neppure la crisi-aviaria del 2005 è riuscita a fermare la ‘voglia di avicoltura’. Eppure, è senz’altro vero che in Italia siamo ancora pochi. Rispetto alla diffusione dell’allevamento amatoriale nei paesi del nord Europa, il nostro Paese è lontano anni luce, dunque abbiamo ancora molta strada da compiere e ci sono gli spazi per una crescita vistosa.
Nel contempo, proprio perché ci sono gli spazi per crescere, è bene essere molto accorti, soprattutto se inesperti, per evitare di cadere preda dei soliti inevitabili furbastri.

Reperire informazione.

Diamo per scontato che il miglioramento, in avicoltura come negli altri campi, segue la strada della conoscenza e che ciò che appare banale per alcuni, può essere sorprendente per altri.
Ma l’informazione, a qualsiasi livello, per essere utile deve essere comprensibile, aggiornata ed attendibile.
Trovandosi nella necessità, l’ideale sarebbe potersi rivolgere a qualche amico esperto o magari studente di agraria o veterinaria, che fornisca in parti uguali conoscenza e buonsenso. In alternativa, sarebbe bello avere a disposizione la più ampia documentazione su ogni aspetto dell’avicoltura, dai più banali, per i neofiti, ai più ostici, per tecnici specializzati.
Per questo è molto importante che sempre di più gli operatori professionali del settore, i membri del CTS, veterinari, agronomi, laureati in produzioni animali etc. mettano a disposizione degli amatori una parte del loro sapere, in forma accessibile, come tanti già fanno sulla carta e sul web.
Parlando di attendibilità, poi, è molto importante da un lato la capacità di giudizio di chi riceve informazione, dall’altro la correttezza e l’attinenza a ciò che si è sperimentato o si conosce bene da parte di chi fornisce informazione, soprattutto sulla rete, in contesti più o meno privi di controllo e di tutela del lettore (forum, siti di privati, siti di produttori di attrezzature etc.).
Da questo punto di vista, il bollettino FIAV e le associazioni stesse, essendo punti di riferimento, possono fare miracoli.
Prendo spunto dalle mie necessità personali e da contatti con altri allevatori per elencare, a mo’ di esempio, alcuni argomenti che mi piacerebbe trovare trattati su Avicoltura/Avicoltura o su www.fiav.info, direttamente sotto forma di articoli oppure come riferimenti a testi o siti dove l’informazione viene trattata, anche se capisco che il bollettino non può trovare spazio per tutto e giustamente non può rinunciare a riportare la vita di club, gli eventi, le manifestazioni e naturalmente le comunicazioni del CTS.
– Qualche recensione periodica dei testi nuovi o vecchi tenuti interessanti ed appropriati dal comitato di redazione, in una bibliografia ragionata, indicante quale è il taglio dato all’argomento di cui si tratta,
– tabelle e/o articoli sull’alimentazione di base ed integrativa (vitamine, sali etc.) degli avicoli, riportanti i nomi commerciali dei prodotti se necessario,
– articoli sull’incubazione e la schiusa, corredati da dettagli tecnici e tabelle,
– articoli sulle attrezzature, i pollai, su come razionalizzare l’allevamento etc.,
– articoli sulle vaccinazioni, quelle necessarie, quelle consigliate, quelle che permettono l’accesso alle mostre, completi di nomi commerciali dei vaccini e indicazione del prezzo,
– articoli sulle malattie completi dei nomi commerciali dei farmaci indicati, anche se devono essere prescritti dal veterinario,
– articoli sui regolamenti, le disposizioni ministeriali e sui vari aspetti burocratici in cui può incorrere l’allevatore espositore,
– calendario mostre ed articoli sulla preparazione degli animali per le mostre, come quello uscito di recente a cura di Stefano Bergamo, sull’inanellamento, come quello di Marco Galeazzi,
– articoli sulle singole razze e sulla loro diffusione,
– articoli sulla genetica degli avicoli,
– informazioni sul percorso formativo necessario per diventare giudice,
– pubblicazione dello standard italiano delle razze avicole, se no, secondo quali principi si fa la selezione?.

Reperire materiale.

Il primo e più importante problema per chi intende cominciare ad allevare polli di razza è reperire dei riproduttori, possibilmente di buona qualità, della razza prescelta.
Abbiamo già detto che nel nostro paese siamo pochi. In questo contesto, riuscire ad acquistare degli animali è spesso un’impresa, perchè questi, semplicemente, non bastano a soddisfare la richiesta.
Per trovare il nome giusto, è evidente l’utilità di avere una lista di “Chi alleva Cosa” oppure anche il catalogo di una mostra. Un enorme punto a favore dell’iscrizione ad una associazione è proprio la possibilità di procurarsi contatti ed eventualmente fare scambi con altri avicoltori. Sarebbe anche molto apprezzabile che la stessa Fiav, in collaborazione con le associazioni, fornisse una ‘Lista degli Allevatori’ nazionale.

Un altro aspetto importante a favore della pubblicazione di una lista di allevatori federati è il fatto che di solito questi sono meno inclini a cedere animali brutti o pesantemente fuori standard rispetto al classico commerciante.
So che questo è un punto molto delicato, quindi cercherò di spiegarmi bene. E’ normale che un allevatore conservi per sé gli animali migliori e ceda soltanto quelli che presentano qualche difetto o qualche aspetto poco conforme allo standard, ma questi, si spera, potranno almeno costituire materiale di lavoro per sviluppi futuri nel pollaio dell’acquirente. Soprattutto, ci si deve aspettare che ad un allevatore che inizia, non vengano venduti soggetti di scarsa qualità, magari a prezzo alto, solo perché non è in grado di valutare correttamente.
Devo dire che a me è capitato di ricevere un rifiuto da un collega allevatore perché: “con la colorazione ancora non ci siamo”; lì per lì ci sono rimasto male, ma adesso capisco che aveva ragione lui, e lo ringrazio.
Non me ne vogliano i commercianti, ma una cosa simile, rivolgendosi ad un allevamento professionale, difficilmente sarebbe successa. Nello stesso tempo, non mi sentirei di affermare che l’iscrizione ad una associazione basti a garantire un comportamento corretto da parte dell’appassionato venditore.
Un punto cruciale, strettamente legato al precedente, è quello del prezzo. Vista la ‘fame’ di animali e la tendenza in crescita del mercato, i prezzi inevitabilmente salgono.
Ancora una volta, non entro nel merito dell’allevamento professionale e commerciale, sarebbe inutile, una ditta è fatta per generare reddito, se no chiude, però sinceramente capita anche di incontrare l’appassionato ingiustificatamente “affarista”.
E’ vero che le spese sono sempre tante e che la possibilità di recuperare qualche euro non sia mai da scartare, però a volte si passa il limite del buonsenso. Mi ricordo, qualche tempo fa, un tam-tam sulla rete tra appassionati alla ricerca di un esemplare particolare che sembrava uno scambio di messaggi tra spacciatori di ‘roba’.
Mi permetto di dire che secondo me nessun esemplare, per raro o bellissimo che sia, vale una ‘corte’ eccessivamente serrata al venditore. Inoltre non apprezzo lo spirito esclusivo di chi trae piacere dall’essere ‘il solo’ ad allevare una razza o ‘il solo’ ad avere esemplari belli e rispondenti allo standard.
Al contrario, credo che questo atteggiamento sia profondamente in contrasto con lo spirito dell’avicoltura amatoriale. Chi ha specie rare ed esemplari belli dovrebbe fare il possibile per diffondere la razza ed il suo ceppo particolarmente apprezzabile. Non dico di regalarli in giro, anche se alcuni lo fanno e sono davvero da ammirare, ma almeno non specularci sopra o, peggio, fare catenaccio perchè nessun altro li abbia.
Altro esempio: perchè non si vendono volentieri le uova, soprattutto non si spediscono mai? Perché quando si trovano costano dei prezzi esorbitanti? Saranno sempre giustificati?
Mah! Difficile rispondere. Il sospetto è che l’ostacolo principale siano i quattrini: ci sarà chi teme di inflazionare il mercato diffondendo troppi avicoli di razza? Ma magari fosse così!
Di fatto, le uova sono un mezzo molto comodo di ‘disseminare’ i nostri avicoli, verrebbe da pensare che siano oggetto di scambi intensi, ma non è così, almeno da noi.
Su Internet, vengono vendute a prezzi decisamente alti ed è possibile riceverle anche in Italia, provenienti dall’estero. Per quanto riguarda la schiudibilità, è vero che la spedizione la riduce, ma ho avuto occasione di incubare uova giunte in aereo ed ho avuto risultati non malvagi, pur essendo le mie attrezzature minime.
Una volta portati a casa gli agognati animali, il grosso del lavoro è fatto, soprattutto finchè va tutto bene. Se qualcosa va storto e gli animali si ammalano, sono dolori.
Trovare un veterinario che si prenda cura dei polli, a meno che non se ne possiedano diecimila, non è cosa comune. Personalmente ho ottimi rapporti con i miei veterinari, con i gatti sono meravigliosi, però non sono mai riuscito a guarire un pollo con le loro cure. Di solito sono più interessati agli aspetti di igiene e profilassi e di vigilanza sul territorio piuttosto che alla salute del singolo animale. D’accordo che la cosa più importante è escludere malattie gravi e infettive, che rischiano di decimare l’allevamento o essere pericolose per l’uomo, però, una volta escluse queste (a mio conforto), ci si riduce sempre ad un antibiotico a largo spettro contro le affezioni respiratorie e intestinali. Senza contare che le confezioni sono spesso di dimensioni esagerate e di conseguenza i prezzi esorbitanti.
Credo che un miglioramento in questo campo possa venire dalla crescita stessa del nostro settore, che non mancherà di essere notata dalle case farmaceutiche né dai veterinari professionisti come opportunità di business. Spero quindi che avremo presto farmaci ad uso veterinario in confezioni più ragionevoli e personale sanitario sempre più preparato e disposto a ‘perdersi’ dietro ai nostri beniamini.

Diamoci una mossa.

Sono consapevole che quelli descritti fin qui sono solo alcuni degli ostacoli più o meno grandi che ognuno di noi deve superare, ma, visto che l’interesse per l’avicoltura amatoriale si sta risvegliando, forse abbiamo oggi la possibilità di far compiere al nostro hobby un salto di qualità, e questo cambiamento passa anche attraverso l’atteggiamento positivo di ciascuno di noi. Non facciamo ostruzionismo, scambiamo materiale, uova, animali, informazioni. Condividiamo successi e sconfitte, coinvolgiamo altri appassionati, visitiamo le mostre, pubblicizziamo quel che facciamo. Cerchiamo di organizzarci per costruire ciò che serve ed ancora non c’è. Cerchiamo di far capire che la strada dell’associazionismo è il migliore antidoto contro la disorganizzazione e l’eccesso di affarismo.
Domani potremo avere una situazione migliore o, almeno, ci saremo divertiti, no?