Unicorno
fu un cavallo
imitato anche dal gallo


Una rapida cavalcata tra unicorni reali e fantastici

da Der Ältere Physiologus - circa 1070

Monoceros

Il più famoso unicorno, animale favoloso detto anche liocorno e alicorno, venne raffigurato in vari modi, per lo più con l'aspetto di cavallo dotato di un lungo corno sulla fronte, barba di caprone, coda leonina e zoccoli bovini. Nel Medioevo fu considerato simbolo di castità.

Pascal Gratz di Winterthur - cantone di Zurigo - l'ha analizzato da cima a fondo. Per chi mastica appena un po' di tedesco credo che la sua ricerca dal titolo

De Monocerote - Zur Rezeptionsgeschichte des Einhorns

risulterà estremamente interessante.

Per informazioni in italiano
sia sull'autore che sul contenuto della ricerca
cliccare qui 

Abstract by Pascal Gratz  Within living memory man attempts to describe and categorise his environment including the animal kingdom. Evidence of this attempt are numerous works, from antiquity to modern times, that are concerned with the description of animals. The full spectrum ranges from encyclopaedias trying to be exhaustive to compilations of animal interpretations following Christian mysticisms. Up until the renaissance all these works had one thing in common: They all contained descriptions of animals that we would call today legendary creatures.

This fact gives rise to lots of questions:
How did these creatures find their way into scientific essays?
Were there existent animals used as templates?
How did the description of fabulous creatures change through time?
What was their cultural meaning in a particular society?

I pursue these questions using the unicorn. The analysis is carried out by a philological comparison on to closely related but nonetheless entirely different depictions of the monoceros from the antique Historia naturalis by Pliny the Elder and the medieval Aberdeen Bestiary on the one hand, on the other by a comparison of the content of other sources comprising the early Christian Physiologus and the Renaissance Historia animalium by Conrad Gessner. Thus I track the creation and the change of the unicorn throughout the ages.

 

Gallus monoceros - Gallo cornudo
emulo dell'Homo cornutus

Un unicorno non altrettanto famoso, ma assolutamente non fantastico, è il gallo cornudo osservato nel 2000 dal veterinario uruguayano Fernando Cirillo in un allevamento amatoriale alla periferia nordest di Montevideo.

Il gallo nel 2000 aveva 13 anni, e già cinque anni prima aveva presentato all'attaccatura del becco un corno  che era caduto spontaneamente per poi ricrescere in quello attuale.

Ulteriori notizie sul Gallus monoceros non sono disponibili, in quanto  non mi è stato possibile contattare il Dr Cirillo nonostante una e-mail inviata nel febbraio 2006 al Portal Veterinaria Uruguay. 

 

Gallus monoceros - Gallo cornudo di Montevideo

 

Anhima cornuta

Palamedea cornuta o Kaimichi cornuto

Vive nelle zone boscose e alluvionali del bacino delle Amazzoni. Palamedea deriva dal nome di uno degli eroi della guerra troiana: Palamede.

Alta poco meno di 1 metro, con 2 metri di apertura alare e corpo massiccio, presenta sul capo un'appendice cornea rivolta in avanti, che sopravanza nettamente il becco, relativamente minuscolo.

Per ulteriori dettagli dà uno sguardo agli Animidi

 

Homo cornutus
Monsieur Frantz Trouilli

In Ducatu Humenae Galliae, nostris temporibus, hic homo cum cornu arietino in dextra frontis parte nato, cui nomen erat Frantz Trouilli, membris omnibus optime constitutus, procera statura, & viribus validis praeditus, genere rusticus, inversis lupi pellibus indutus, in parvo Comitatu Mezires natus vitam fere semper in sylvis egit, septennis tamen nullum cornu vestigium habuisse retulit: nam ab illa aetate cornu e capite erumpere caepit, et forma cornu arietini acutum. Sed eo tempore, quo inventus est, trigesimum quintum annum agebat, quemadmodum ex aspectu coniectare licuit. Hac igitur ratione repertus fuit. Dominus Laverdin, venandi gratia, nemus quoddam saepe petebat: sed quandoque illuc ingressus, & rusticorum catervas conspicatus, Praedonesque esse suspicatus, illico omnes apprehendi iussit: tunc autem homo cornutus caeterorum comes, & socius primus aufugiens inter dumeta sese abdidit. Verum violentia illinc extractus, & ad Dominum ductus, caput aperire recusabat, ne tantam deformitatem patefaceret. Pileo tandem a Domini famulis, & ministris deposito, non sine magna spectantium admiratione, cornu observatum fuit in capite glabro, exceptis nonnullis pilis quibus occiput tegebatur. Tunc Dominus Laverdin statim ad Invictissimum Galliarum Regem, qui non longe aberat, deduci iussit, a quo postea Lutetiam fuit ductus, ut ab omnibus conspiceretur.

Da Monstrorum historia (1642) di Ulisse Aldrovandi

Ai nostri tempi, nel ducato francese di Humières - 150 km a nord di Parigi, regione Nord-Pas-de-Calais (Lilla) - quest'uomo con un corno d'ariete spuntato sul lato destro della fronte, e che si chiamava Frantz Trouilli, di ottima costituzione fisica, dotato di alta statura e di ottima forza, campagnolo, vestito di pelli di lupo rivoltate, nato nella minuscola contea di Mézières – forse Mézières-sur-Seine alla periferia nordovest di Parigi (ci sono ben 17 Mézières in Francia) - visse quasi sempre nei boschi, e riferì che tuttavia fino all'età di sette anni non presentò mai alcuna traccia di corno: infatti a partire da quell'età cominciò a spuntargli un corno sulla testa che era aguzzo come quello di un ariete. Ma in quel tempo in cui fu scovato aveva 35 anni, come si è potuto dedurre dall'aspetto. Fu trovato per il motivo seguente. Il signor Laverdin, per ragioni di caccia, si recava spesso in un bosco: ma una volta, dopo esservi entrato, e avendo visto delle frotte di contadini, e sospettando che fossero dei predoni, ordinò che venissero tutti quanti catturati all'istante: ma allora l'uomo cornuto, compagno e alleato, primo tra tutti a fuggire, si nascose nella macchia. Però, tirato fuori con la forza e condotto davanti al signore, si rifiutava di scoprire il capo per non rendere manifesta l'imponente deformità. Finalmente, dopo che il copricapo venne tolto dai servi e dai funzionari del signore, non senza grande meraviglia degli spettatori venne scorto un corno sulla testa priva  di capelli, fatta eccezione per alcuni peli di cui era ricoperto l'occipite. Allora il signor Laverdin ordinò di condurlo immediatamente al mai sconfitto re delle Gallie che non si trovava molto distante, dal quale venne poi condotto a Parigi affinché venisse visto da tutti.

 

Buceros rhinoceros
Calao rinoceronte

Linneo nel 1758 chiamò quest'uccello  buceros = corno di bue e vi aggiunse rhinoceros, il nome con cui l'aveva battezzato Aldrovandi: Avis Rhinoceros. Calao viene dal portoghese calau, a sua volta dal tagalog kalaw, nome comune di diversi uccelli della famiglia Bucerotidi. Il tagalog è una lingua indonesiana, attualmente promossa al ruolo di lingua ufficiale delle Filippine. Per gli Iban, una delle tribù Dayak del Borneo, il calao rinoceronte simboleggia il dio della guerra. 

Avis Rhinoceros di Aldrovandi
Ornithologiae tomus I - 1599

Aldrovandi non conosceva direttamente quest'uccello. Gli avevano inviato due raffigurazioni ma solo della testa: una proveniva da Venezia e gli era stata mandata da Passarotto Passarotti figlio del famoso pittore bolognese Bartolomeo Passarotti, l'altra giungeva da Padova grazie a Gioacchino Iuvenio di Lipsia, un giovane sul quale si potevano nutrire grandi speranze, incomparabilisque circa simplicium medicamentorum indagationem doctrinae, ac diligentiae, quem nobis in Cretam proficiscentem immatura mors eripuit.

La famiglia dei Bucerotidi - i cui primi esemplari sono reperibili tra i fossili di circa 15 se non addirittura di 40 milioni di anni fa, come il presunto Bucerotide Geiseloceros robustus delle dimensioni di un corvo - comprende 55 specie e 74 sottospecie il cui areale copre gran parte dell'Africa sub-sahariana e si estende verso oriente sino alle foreste del Sudest asiatico e alle isole Salomone. Tutti hanno un enorme becco e alcuni generi sono caratterizzati anche da un grande casco o elmo o corno, che nel Buceros rhinoceros termina con un unico apice rivolto all'insù come se fosse il corno di un rinoceronte. Becco e casco dei Bucerotidi sono leggerissimi poiché sono vuoti oppure riempiti soltanto da una rete ossea spugnosa, ad eccezione del Rhinoplax vigil che possiede un corno compatto. Il calao rinoceronte vive nella penisola Malese, a Sumatra, Borneo e Giava. Si nutre in prevalenza di frutti che crescono sugli alberi della foresta vergine e integra la dieta con rane, lucertole, uccellini, lumache e insetti.

Aldrovandi fornisce queste misure per il suo calao rinoceronte:

Caput, si relationibus virorum illorum aliorumque fide dignissimorum standum est, notandae erat, ac insolentis magnitudinis, duorum scilicet propemodum dodrantum, cirrhis ornatum nigris, altis, deorsum spectantibus. Rostrum quatuor propemodum dodrantes longum, recurvum, non tamen rapacium more, sed instar arcus cuiuspiam. Cornu e fronte enascitur, et supinae rostri parte adhaeret, magnae equidem molis, ut quod prope frontem palmum unum latum sit, Rhinocerotis cornu non dissimile, sed in fine recurvum.

Impossibile trovare sia nel web che in svariati testi di ornitologia le reali dimensioni del becco e del corno. L'unico dato disponibile è quello relativo alla lunghezza totale dell'uccello, che nel maschio può raggiungere 120 cm e nella femmina 90 cm.

Aldrovandi fornisce delle misure precise in dodranti e pertanto facciamo il calcolo in cm utilizzando il dodrante sia del piede inglese che del piede bolognese, nonché il palmo romano, e secondo i seguenti valori.

Nelle misure di lunghezza per dodrante si intendono ¾ di piede.

Piede inglese o foot, valore internazionale unificato
= 30,48 cm

Piede bolognese = 38 cm

1 dodrante di piede inglese = 22,86 cm
1 dodrante di piede bolognese = 28,5 cm
1 palmo = 4 dita romane = 7,2 cm

Le misure in cm relative al calao rinoceronte di Aldrovandi dovrebbero essere le seguenti:

testa: circa 2 dodranti dice Aldrovandi
quindi
= 45,72 cm se il piede è inglese
= 57 cm se il piede è bolognese

becco: circa 4 dodranti dice Aldrovandi
quindi
= 91,4 cm se il piede inglese
= 114 cm se il piede bolognese

corno nei pressi della fronte
largo 1 palmo = 7,2 cm

Verosimilmente a Ulisse hanno fornito misure un po' esorbitanti a proposito di testa e becco, oppure c'è stato un qui pro quo interpretativo.

Non si può escludere che la lunghezza del becco di Aldrovandi – 91,4/114 cm - corrisponda invece alla lunghezza totale del corpo e che la lunghezza della testa – 45,72/57 cm -  corrisponda a quella della testa sommata a quella del becco.

La larghezza del corno – 7,2 cm - potrebbe anche corrispondere al vero.

Un conforto sulla verosimiglianza di questi complicati calcoli ci viene dal congenere Buceros bicornis che nella sottospecie homrai - la cui lunghezza totale del maschio è pari a quella del calao rinoceronte, cioè 120 cm - presenta un becco maschile che può raggiungere i 29,5 cm.

 

Diceros e Rhinoceros
Rinoceronte

I rinoceronti sono diffusi in Africa e in Asia meridionale. Caratteristica della famiglia dei Rinocerotidi è la presenza di 1 corno oppure di 2 corni nasali posti uno davanti all'altro con l'anteriore più sviluppato del posteriore. In casi piuttosto rari si riscontra un terzo corno più o meno legato al posteriore. Grande fu sempre la diatriba se il Monoceros di Plinio ed Eliano fosse o non fosse un rinoceronte.

Rinoceronte indiano unicorne in un acquarello della collezione di Ulisse Aldrovandi - Bologna

La più comune specie africana è  il rinoceronte nero - Diceros bicornis - diffuso nell'Africa centrale. Lungo più di 3 metri e alto circa 1,70 m al garrese, pesa circa 1,8 t; ha due corni disuguali, pelle spessa, grigiastra e senza pieghe. Caratteristica è l'appendice mobilissima e prensile del labbro superiore adatta a raccogliere fogliame e ramoscelli.

Il rinoceronte unicorne dell'India - Rhinoceros unicornis o Rhinoceros indicus - ha il corpo molto massiccio lungo fino a 4 m e alto fino a 1,80 m con un peso fino a 4 t. La pelle robustissima forma vaste placche rigide. Ha un solo corno che nel maschio può giungere fino a 60 cm di lunghezza. Diffuso in passato nelle regioni forestali, ha subito un notevole declino numerico in seguito alla distruzione del suo habitat e alla caccia, causata dalla credenza delle straordinarie doti afrodisiache e medicinali del suo corno.

 

Xiphias gladius
Pescespada

Il pescespada è diffuso in tutti i mari caldi e temperati. Lungo fino a 5 m, ha corpo fusiforme e robusto con mascella prolungata in un lungo rostro dai bordi taglienti e dalla punta acuminata.

Pescespada in un acquarello della collezione di Ulisse Aldrovandi - Bologna

La pelle è nuda e la colorazione è blu-nera sul dorso, biancastra sul ventre. Forte nuotatore, il pescespada è probabilmente il più veloce tra tutti i pesci. Le sue carni sono molto pregiate ed è pertanto oggetto di intensa pesca. In Italia meridionale viene ancora praticato un sistema di pesca antichissimo con grandi fiocine a mano e barche appositamente attrezzate.

 

Naso unicornis o Naso brevirostris
Unicorno

Appartiene alla famiglia Acanturidi, detti anche pesci chirurgo in quanto sul peduncolo caudale recano delle spine che per la particolare struttura ricordano un bisturi e che hanno uno sviluppo diverso da genere a genere. I  Naso, di cui si conoscono 12 specie diffuse nell'Oceano Indiano e Pacifico, sono  dotati per esempio o di una semplice gibbosità ossea oppure di una sorta di lama affilata, non retrattile e velenosa.

La specie più nota è l'Unicorno – Naso unicornis o Naso brevirostris – che può raggiungere i 60 cm di lunghezza. Esso reca tra gli occhi un robusto corno lungo circa 8 cm e diretto in avanti, che in altre specie congeneri è invece ridotto a una sorta di grosso bernoccolo frontale. Allo stadio adulto la colorazione è verdastra, salvo le carene del peduncolo di colore nero. È diffuso nell'Oceano Pacifico e Indiano, dove vive nutrendosi di alghe in acque poco profonde, tra gli scogli e le formazioni coralline.

 

Monoceros Clusii
Unicorno di Charles de l'Écluse

Nel trattato di Ulisse Aldrovandi De piscibus et de cetis (1613) a pagina 299 si trova il capitolo XIV dal titolo De Monocerote Clusii, cioè l'Unicorno che il medico e botanico francese Charles de l'Écluse (1526-1609) descrisse e fece raffigurare, un pesce estremamente costoso che nel 1601 portavano in Olanda coloro che rientravano dalle Indie Orientali.

Probabilmente i dati relativi al Monoceros Clusii furono raccolti dal discepolo prediletto di Aldrovandi, Ioannes Cornelius Uterverius, nato a Delft in Olanda e bolognese d'adozione, che curò l'edizione del De piscibus et de cetis. Infatti quest'immagine compare anche in Exoticorum libri decem di Charles de l'Écluse edito nel 1605.

Monoceros Clusii  dal De piscibus et de cetis di Ulisse Aldrovandi (1613)

 

Pesci sega
fantastici - mezzeseghe - reali - travestiti

da Der Ältere Physiologus - circa 1070

Serra

pesce sega fantastico

Così recita il  Der Ältere Physiologus

De Serra - In demo mere ist einez, heizzet serra, daz hebet vile lange dorne an imo. Sosez div schef gesihet, so rihted ez vf sine uedera unde sinen zagel vnde uuil die segela antderon. Denez so eine vuile geduot, so vuird ez sa môde unde globet sih. Daz mere bezeihchenet dise uuerelt, du schef bizeichenent die heiligen boten, die dir uberuoren unde vberuundan alliu diu uuideruuartdiu giuuel dirro uuerelde; diu serra bizeichenet den, der dir ist unstades muodes, der dir eine uuile schinet annen rehden uuerchan unde aber an dien nieht neuollestet.

Tutto chiaro, vero!? Sarebbe benvenuta una traduzione del brano. Io non me la sento di cimentarmi!

Pesce sega
di Guillaume Rondelet

il mezzasega pietra dello scandalo

Questo esemplare è quasi più cetaceo che pesce sega. Da Rondelet in poi le raffigurazioni del pesce sega sono caratterizzate da uno sbruffo che esce dalla testa, là dove i cetacei - come balene e delfini - hanno lo sfiatatoio, collegato mediante un condotto alle cavità nasali, attraverso il quale esce il vapore acqueo che si condensa in una nube bianca che nei capodogli può raggiungere un'altezza di 5-6 metri. 

Pesce mezzasega dal De piscibus marinis I (1554) di Guillaume Rondelet (1507-1566)

Nessun pesce sega possiede lo sfiatatoio: infatti Madre Natura l'ha dotato di branchie che si trovano nella parte inferiore del corpo prossime all'attaccatura delle pinne pettorali.

Lacépède - alias Bernard Germain Étienne de Laville-sur-Illon comte de Lacépède (1756-1825) - a pagina 290 del I volume della sua Histoire naturelle des poissons (1798) asserisce che gli antichi naturalisti e qualche autore moderno avevano collocato questo pesce fra i cetacei dal momento che vive nel loro stesso ambiente. Ecco spiegato perché possiamo battezzare il Pristis di Rondelet mezzasega. Possiamo anche essere praticamente certi che né Rondelet, né Gessner, né Aldrovandi videro mai un pesce sega vivo o morto.

Pesce sega
di Conrad Gessner

tratto da Rondelet - quindi un mezzasega

Gessner nello stilare il suo trattato Historia animalium IV (1558) dedicato ai pesci e agli animali acquatici molto spesso si affida all'autorità indiscussa di Rondelet. Così anche la raffigurazione del suo Pristis ricalca fedelmente quella di Rondelet, però con uno sbruffo di vapore meno volteggiante.

Pesce mezzasega da Historia animalium IV (1558) di Conrad Gessner (1516-1565)

 

Pesce sega
di Ulisse Aldrovandi

un altro mezzasega

Bellissimo lo zampillo: sembra generato da un motore come nelle moderne fontane. Ammirevoli come al solito le doti ritrattistiche degli acquarellisti di Aldrovandi. Ma in questo caso dal vero non hanno ritratto proprio un bel niente perché anche questa mezzasega è inesistente. Avranno mischiato un po' di tonno e pescecane omettendone le branchie e aggiungendo la sega senza però scordarsi dello sbruffo preteso dall'ittiologia del tempo.

Pesce mezzasega in un acquarello della collezione di Ulisse Aldrovandi - Bologna

 

Pesce sega vero
di Charles de l'Écluse

finalmente il mezzasega va in pensione

Il merito del pensionamento del mezzasega riconosce questo percorso: Ulisse Aldrovandi, Ioannes Cornelius Uterverius, Charles de l'Écluse. Possiamo supporre che i dati di Charles de l'Écluse contenuti nel trattato di Aldrovandi De piscibus et de cetis (1613) siano stati raccolti da Uterverius.

Comunque sia, si tratta di una svolta decisiva per l'ittiologia, che a partire dal Der Ältere Physiologus (circa 1070) non aveva fatto molti passi avanti.

Pesce sega - Serra Clusii - dal De piscibus et de cetis (1613) di Ulisse Aldrovandi (1522-1605)

Le corrette osservazioni di Charles de l'Écluse sono riportate a pagina 696 del De piscibus et de cetis. Secondo Clusius sul lato ventrale il Pristis presenta la bocca nonché cinque branchie poste su ambo i lati e che il disegnatore non ha tuttavia riprodotto: in ventre [...] vicinae erant quinae utrinque angustae oblongiusculaeque branchiae, icon autem accepta nullas expressas habebat. [...] binos vero oculos in prona capitis parte habebat, binas nares in supina et infra illas oris scissuram. - Perfetto! Clusius e il suo pesce sega sono promossi.

 

Pristis pristis
Pesce sega

Appartiene all'ordine dei Rajformi e alla famiglia Pristidi. È diffuso sui fondali sabbiosi e poco profondi dei mari tropicali. Lungo fino a 4,5 metri ha corpo slanciato e depresso col muso prolungato in un robusto e lungo rostro appiattito provvisto su ogni lato di 16-20 denti acuminati. Le branchie sono ventrali, prossime all'attaccatura delle pinne pettorali.

Anche la bocca è ventrale con piccoli denti disposti a mosaico. Le pinne dorsali sono due, di forma triangolare, le pettorali e le ventrali sono molto ampie, la caudale è ben sviluppata e asimmetrica. La colorazione è olivastra sul dorso, bianca sul ventre. La robusta sega serve a scavare nella sabbia per stanare gli invertebrati di cui si nutre.

 

Piscis Utilis
si travestiva da pesce sega

Il pesce Utilis – citato da Aldrovandi in De piscibus et de cetis (1613) nel capitolo dedicato al pesce mezzasega - fu avvistato da Thevet durante una tempesta nell'Oceano Atlantico, come riferisce Ambroise Paré che lo ha pure raffigurato. Thevet – alias André Marmolius (1502-1590) – monaco francescano e cartografo francese, viene ritenuto poco affidabile circa i dati raccolti durante i suoi viaggi sia in Oriente che in Brasile.

Piscis Utilis di Thevet & Paré dal De piscibus et de cetis (1613) di Ulisse Aldrovandi

Ambroise Paré (1510/1517-1590) fu invece un provetto chirurgo francese, tanto da essere nominato protochirurgo di re Carlo IX. Forse varrebbe la pena ribattezzare il pesce Utile in Utilitarista dal momento che si approfitta della sega di qualche Pristis pristis defunto conficcandosela in testa, come i paguri si approfittano dei gusci altrui per cercare riparo al proprio addome molliccio entro conchiglie vuote di gasteropodi.

Per saperne di più su Thevet, molto di più, basta conoscere il francese e cliccare qui . Ne vale la pena!

Un altro travestito
Il famosissimo Monoceros si traveste da Narvalo

Monodon monoceros Linneo 1758
Narvalo

Questo cetaceo del sottordine Odontoceti della famiglia Monodontidi frequenta le acque litoranee dei mari artici per cui doveva essere praticamente sconosciuto ai naturalisti rinascimentali che spesso gravitavano intorno al Mediterraneo. Infatti durante i suoi spostamenti verso sud il narvalo raramente supera il 65° grado di latitudine nord. Quindi, per fare un esempio, non raggiunge mai la punta settentrionale della Scozia.

Gli animali adulti posseggono  nelle mascelle due soli denti disposti orizzontalmente: quello sul lato sinistro si trasforma nel maschio in una sorta di corno dritto, con la superficie percorsa da una scanalatura elicoidale destrogira. Abitualmente questo dente è lungo 1,8-2,5 metri, eccezionalmente anche 2,7 metri. Finora non è stato possibile verificarne la funzione.

 

Varie sono le teorie elaborate circa la funzione di questo dente. Secondo talune esso servirebbe al narvalo per spezzare il ghiaccio e portarsi così in superficie per poter respirare. Secondo altre verrebbe usato come arpione per catturare le prede sul fondo marino.

Se si tiene conto che le femmine non presentano questa caratteristica anatomica, è invece assai più probabile che il corno svolga nel comportamento sociale o sessuale un ruolo analogo a quello delle corna dei cervidi, della criniera del leone o della livrea nuziale di certi anatidi.

In passato il narvalo è stato sottoposto a una violenta caccia a causa dell'avorio di cui è costituito il dente e del pannicolo adiposo che forniva un olio assai apprezzato. Ma oggi questa specie può fare le rituali scaramucce in piena tranquillità dal momento che ha perso gran parte della primitiva importanza economica e magica. Sì, era il corno del narvalo a essere spesso propinato come corno miracoloso del Monoceros.

 

da Der Ältere Physiologus - circa 1070

Uno dei primi a travestirsi da narvalo

Unicorno dal Der Ältere Physiologus

De unicorni - So heizzit ein andir tier rinocerus, daz ist einhurno, un ist uile lucil un ist so gezal, daz imo niman geuolgen nemag, noh ez nemag ze neheinero uuis geuanen uuerdin. So sezzet min ein magitin dar tes tiris uard ist. So ez si gesihit, so lofet ez ziro. Ist siu denne uuarhafto magit, so sprinet ez in iro parm unde spilit mit iro. So chumit der iagere unde uait ez. Daz bezeichenet unserin trotin Christin, der dir lucil uuas durih di deumuti der menischun geburte. Daz eina horin daz bezeichenet einen got. Also demo einhurnin niman geuolgen nemag, so nemag ouh nehein man uernemin daz gerune unsiris trotinis, noh nemahta uone nehenigemo menislichemo ougin geseuin uuerdin, er er uon der magede libe mennesgen lihhamin finc, dar er unsih mite losta.

Anche in questo caso una traduzione sarebbe auspicabile e gradita.

 

Unicorno di Conrad Gessner

Gessner ci tiene a precisare nella didascalia che si tratta di una raffigurazione del Monoceros ancora piuttosto frequente ai suoi tempi, ma non può assicurare che corrisponda alla realtà:

Figura haec talis est, qualis a pictoribus fere hodie pingitur,
de qua certi nihil habeo.

Reca proprio un bel corno! E con scanalatura elicoidale destrogira, proprio come il dente del narvalo!

 

Monoceros dalla Historia animalium I (1551) di Conrad Gessner 

 

Unicorno di Ulisse Aldrovandi

Anche il Monoceros di Aldrovandi si traveste con un dente di narvalo. Ulisse ne parla diffusamente nel De quadrupedibus solidipedibus (1639), ma riporta il travestito solamente nel frontespizio. Ed essendo un solidipes ha gli zoccoli da cavallo e non da caprone come quello di Gessner. Nell'apposito capitolo, che si snoda per ben 32 pagine contro le sole 5 pagine e mezza di Gessner, il Monoceros non viene corredato da alcuna raffigurazione.

In questa lunga disquisizione si fissano i presupposti atti a smantellare una volta per tutte questo animale fantastico. Uno dei primi suoi detrattori fu Alberto Magno (ca. 1200-1280). Egli affermò che in mare viveva un animale dotato di un solo corno chiamato monoceros.

Monoceros presente nel frontespizio del De quadrupedibus solidipedibus (1639) di Ulisse Aldrovandi

Un altro detrattore del Monoceros fu l'olandese Jan van Gorp (1519-1573). Infatti sospettava che quel corno di Anversa fosse di un pesce e che provenisse dall'Islanda, fors'anche da mari situati più a nord. Nel De monocerote di Aldrovandi trova posto anche la traduzione latina del Discorso contra la falsa opinione dell'alicorno (1566) di Andrea Marini (Mori TN ?-1570), il quale oltre a citare Alberto Magno afferma che tutti i corni in possesso degli Inglesi sono di animali marini e che sembra molto strana una cosa: tutti noi conosciamo questo corno, ma come mai non sappiamo come è fatto l'animale che lo genera? Inoltre non disponiamo di alcun scrittore classico e degno di fede che abbia avuto la fortuna di vedere dal vivo tale animale.

E poi - prosegue stavolta Ulisse - visto che di questo corno si decantano doti miracolose, come mai né Ippocrate né Galeno l'hanno usato? Iam vero apud Hippocratem et Galenum de cornu unicornis ne verbum quidem unum, qui tamen tot sententiis cornu cervinum commendarunt. Pierre Belon (1517-1564) pensava che talora potesse trattarsi dei canini superiori a crescita continua del tricheco "quem Galli Rohart, Septentrionalis maris accolae Morss appellant". Oggi in francese il tricheco è detto morse.

Come abbiamo puntualizzato, Aldrovandi non dà alcuna raffigurazione del Monoceros se non nel frontespizio. Invece il relativo capitolo termina con due splendidi corni - ambedue con scanalatura elicoidale destrogira - che appartenevano al Duca di Mantova e al re di Polonia Sigismondo, forse Sigismondo III al trono dal 1587 al 1632. E Gessner riferisce quanto ha scritto Antonio Brasavola (1500-1555): a Venezia nel tesoro di San Marco erano custoditi due corni integri, grandissimi e molto belli. Gessner è inoltre al corrente del fatto che nel tesoro del re di Polonia Sigismondo - forse Sigismondo II Augusto (figlio di Sigismondo I Iagellone) al trono dal 1548 al 1572 - ne erano custoditi due, ciascuno dei quali era fatto a spirale e in lunghezza eguagliava la statura di un uomo.

Ma la bagarre non è ancora finita!

Pirassouppi di Thevet
un biceros doppio travestito americano

La bagarre prosegue. Infatti gli acquarellisti di Aldrovandi si sono dilettati nel riprodurre in modo accattivante il Pirassouppi - trasformato in Pirassoipi da Ambroise Paré -  descritto e raffigurato da Thevet nella sua Cosmographie  universelle (1575). Eccone un frammento dal tomo I, libro V, cap. 5: En la province qui est le long de la rivière de Plate se trouve une bête que les sauvages appellent Pirassouppi, grande comme un mulet, et sa tête quasi semblable, velue en forme d'un ours, un peu plus colorée, tirant sur le fauve et ayant les pieds fendus comme un cerf. Ce Pirassouppi a deux cornes fort longues, sans ramures, fort élevées et qui approchent de ces licornes tant estimées et desquelles se servent les sauvages lorsqu'ils sont blessés et mordus de bêtes ou poissons portant venins, les mettant dans de l'eau par l'espace de six ou sept heures et puis la faisant boire au patient, qui s'en trouve incontinent tout allégé.

Pirassouppi di Thevet nella collezione di acquarelli di Ulisse Aldrovandi - Bologna

Tanto per finire
unicorni e policorni mostruosi o fantastici

Canis monstroso capite
di Aldrovandi

Questo acquarello se ne stava nascosto nel museo di Aldrovandi. Verosimilmente fu riportato alla luce da colui che nel 1642 curò l'edizione postuma del Monstrorum historia di Aldrovandi, cioè Bartolomeo Ambrosini (1588-1657), il quale in patrio Bononiensi Archigymnasio simplicium medicamentorum Professor ordinarius, Musaei Illustrissimi Senatus Bononiensis et Horti publici Praefectus labore et studio volumen composuit

Questo povero cane oltre a essere monoceros è pure monocolo.

 

 

 

Dalla collezione di acquarelli di Ulisse Aldrovandi - Bologna

 

Camphruch Camphur Camphurch 
narvalo - anatra - cervo delle Molucche

Questo politravestito non fu catalogato fra i mostri o fra gli animali fantastici, bensì fra quelli reali. Infatti Bartolomeo Ambrosini lo collocò fra i Paralipomena relativi a De cetis et aliis aquatilibus immensae molis di Aldrovandi (1642) e non nei Paralipomena historiae monstrorum.  Con le zampe da palmipede nuotava benissimo nelle acque dolci e salate dove cacciava i pesci di cui si nutriva.

La fonte di questo politravestito è il discutibile Thevet come riferisce il molto meno discutibile Ambroise Paré. Trascurando le polimorfe e lampanti caratteristiche somatiche, bisogna sottolineare il fatto che forse qualche narvalo aveva freddo e si era spinto fino alle Molucche, quindi a cavallo dell'equatore. Oppure qualcuno aveva regalato al re delle Molucche il dente di un narvalo e il sovrano l'aveva usato per dar vita al Camphurch, gloriandosi addirittura di portarne il nome.

Dalla collezione di acquarelli di Ulisse Aldrovandi - Bologna

Non ho parole

Monstrum figura genitalis viri
unicorno svizzero alias kir - kar - kur

Dal Monstrorum historia di Ulisse Aldrovandi pagina 387:

 

Pariter ab ovo gallinae, vel ut alij asserunt ex ovo galli (si tamen galli talia ova edere possint, qua de re in Historia Serpentum actum fuit) iuxta Lucernam nobile oppidum Helvetiorum in villa quadam, cui Emmen nomen est, monstrum figura Genitalis viri est exclusum, uno testiculo, et capite quasi canino, et cristato insignitum. Hoc accidit, iuxta mentem {licosthenis} <Lycosthenis>, anno Domini millesimo quadringentesimo octuagesimo octavo: veluti figura ostendit.

 

Stavolta riesco a tradurvi il brano.

Dal Monstrorum historia (1642) di Ulisse Aldrovandi

Parimenti, da un uovo di gallina, oppure, come altri affermano, dall'uovo di un gallo (ammesso tuttavia che i galli possano deporre siffatte uova, cosa di cui abbiamo disquisito nell'Historia serpentum), in un paesino - oggi con 27.324 abitanti - che si chiama Emmen e che si trova nei pressi di Lucerna celebre città degli Elvezi, è venuto alla luce un mostro con l'aspetto di un kur di uomo, dotato di un solo testicolo e di una testa quasi come quella di un cane nonché fornita di cresta doppia. Ciò avvenne, secondo il parere di Licostene - alias Conrad Wolffhart (1518-1561) - nell'anno del Signore 1488: come mostra la figura.

Mi torna la parola

Pornografo fu Aldrovandi
non Licostene

Monstrum ex ovo galli natum

Per l'ennesima volta siamo costretti a entrare in conflitto con Aldrovandi, tacciandolo anche di pornografia. Come vedremo tra poco, dal telegrafico testo di Licostene non traspare alcuna allusione a un fantomatico kir-kar-kur schiuso da un uovo di Emmen.

Anche un osservatore frettoloso può notare che in quest'immagine di Licostene le proporzioni tra mostro e uovo sono conservate, mentre  Aldrovandi, oltre ad aver trasfigurato il testo di Licostene, ha senz'altro imposto ai suoi disegnatori di ricopiarne il disegno adattandolo però alla sua fantasia:  dovevano far sì che l'uovo sembrasse un testicolo grazie a un'alterazione delle proporzioni tra uovo e neonato.

Inoltre, il testicolo di Aldrovandi, oltre a essere più piccolo, è anche molto più inclinato rispetto all'uovo di Licostene.

 

Dal Prodigiorum ac ostentorum chronicon (1557) di Licostene

Pascal Gratz analizzando l'immagine di Aldrovandi ha pensato non a un kir-kar-kur, ma a uno dei possibili aspetti assunti dal basilisco che poteva nascere dall'uovo di un gallo. Forse Pascal ha ragione: magari è questa l'idea inespressa di Licostene, che senza dubbio era mille volte più serio del nostro Ulisse e non azzardava dire che questo mostro era un novello basilisco. Se Licostene avesse saputo di questa futura trovata pornografica di Aldrovandi, senz'altro avrebbe scritto:

1522 - Bononiae monstrum natum est, Ulysses Aldrovandus cognominatum

Dal Prodigiorum ac ostentorum chronicon di Conrad Wolffhart pagina 497

1488 – Iuxta Lucernam nobile Helvetiorum oppidum in villa quadam cui Emmen nomen est, ex ovo galli monstrum (cuius effigiem ex Sebastiani Brandi collectaneis mutuavimus) procreatum est.

1488 - Nei pressi di Lucerna, celebre città degli Elvezi, in un paesino che si chiama Emmen, da un uovo di gallo è nato un mostro (la cui immagine ho tratto dalle raccolte di Sebastian Brand).

Sebastian Brand (Strasburgo 1458-1520) fu poeta e giurista di tutto rispetto.

Ci scommetto il testicolo di Aldrovandi

Infatti sono assolutamente certo di una cosa: se Gessner avesse avuto tra le mani il Prodigiorum ac ostentorum chronicon (1557) di Licostene quando stava per mandare in stampa la sua Historia animalium III (1555) dove si parla del gallo e della gallina, si sarebbe limitato a citare il telegrafico testo di Wolffhart e a riprodurne fedelmente l'immagine.

Come mai? direte voi.
Perché dal punto di vista scientifico Gessner era una persona seria nonché rispettosa del prossimo. Provate a tradurlo o a leggerlo e a confrontarne i dati! Prenderlo in castagna è estremamente raro, mentre con Aldrovandi accade l'opposto e a ogni pie' sospinto.

Se però sarò io a essere preso in castagna avendovi raccontato panzane riguardo all'aldrovandogeno pseudo-kur di Licostene, allora dovrò rimetterci il testicolo di Aldrovandi - il che è il meno - oltre a qualcos'altro.

E adesso ci scommetto quel qualcos'altro

Tutta la vicenda ha uno spiccato sapore machiavellico.
A mio avviso Aldrovandi ha spudoratamente adottato il principio del
mors tua vita mea

una regola di sopravvivenza messa in risalto da Darwin e che giace agli antipodi del Vangelo. Ma essendo una regola incorruttibile e indispensabile, neppure l'uso e l'abuso quotidiano sono riusciti a logorarla. Figuriamoci se ci riuscirà la Chiesa!

Aldrovandi ha tacciato Licostene di pornografia in modo alquanto subdolo e con un solo scopo: tenersi buoni i boia dell'Inquisizione che erano sempre pronti a titillarlo. Se vogliamo una dimostrazione che Ulisse proprio non ci teneva a rischiare di grosso e fare una volta per tutte la fine fatta poi da Galileo nel 1632, basta contare quante parole hanno dovuto comporre i tipografi per disquisire sulle implicazioni morali del gallo, quello che fa chicchirichì.

Gessner, essendo protestante e serio, ne usa talmente poche che non varrebbe neppure la pena contarle. Ma siccome qualcuno ha insinuato che voglio proteggere Gessner, allora mi sono preso la rivincita e le ho contate 'ste benedette parole: sono 49, per un totale di 301 caratteri, spazi esclusi.

Per Aldrovandi ne vale proprio la pena, visto che il sottoscritto si è imbarcato nell'affannosa avventura di tradurre il libro XIV del II volume di ornitologia, e ha quindi dovuto sorbirsele tutte quante, compresi i numerosi errori di citazione dei Padri della Chiesa. Si tratta di ben 5.565 parole, per un totale di 33.882 caratteri, spazi esclusi, parole che prima di me l'indefesso amanuense elettronico Fernando Civardi ha dovuto digitare desumendole dal testo del 1600.

Quindi, per decantare i risvolti moraleggianti del gallo, Aldrovandi ha speso nientemeno che 1/26 delle parole che costituiscono tutto il testo greco del Nuovo Testamento, formato da 146.144 parole e 717.529 caratteri, sempre spazi esclusi. Insomma: una palese leccata nei confronti dell'Inquisizione.

Se non fosse bastato il nauseante panegirico sul gallo, tacciare di pornografia il povero Licostene poteva far accumulare ulteriori crediti a proprio vantaggio. Infatti Conrad Wolffhart con la Chiesa Cattolica non se la passava proprio bene. Nel 1555 gli strali dell'interminabile Concilio di Trento colpirono anche lui. E basta consultare l'Index Auctorum et librorum qui ab officio S. Rom. & universalis inquisitionis caveri ab omnibus & singulis in universa Christiana Republica mandantur (Romae, ex Officina Salviana, 1559) per trovare anche Conradus Lycost<h>enes nell'elenco degli Auctores quorum libri & scripta omnia prohibentur.

Se l'Inquisizione avesse avuto dei dubbi dottrinali nei confronti di Ulisse, questa fantasmagorica denuncia di pornografia perpetrata da Licostene faceva sì che il Bolognese si allineasse con le decisioni del Concilio sul contenuto di tutti gli scritti dell'Alsaziano.

Mors tua vita mea!

Finis - Basta - Stop - The end - Ende

Capreolus polyceros
evviva l'abbondanza

Vi si possono contare 17 corna, in parte ramificate e in parte no. Non mi sono preso la briga di controllare il dato riportato nel Monstrorum historia di Aldrovandi, e forse vale la pena crederci.

La raffigurazione di questo capretto fu inviata ad Aldrovandi dal Duca di Baviera. Ulisse termina il breve resoconto in modo davvero elegante. Infatti dice: questo capretto sembrerebbe giusto chiamarlo polýkeros a causa dell'elevato numero di corna, ma parrebbe più appropriato, vista la sua bellezza, chiamarlo kallíkeros.

 

 

Dal Monstrorum historia (1642) di Ulisse Aldrovandi

Stemma reale di Sua Maestà Elisabetta II

Il supporto di destra dello stemma è un leone coronato  che simboleggia l'Inghilterra,
quello di sinistra è un unicorno che simboleggia la Scozia.
Secondo la leggenda un unicorno libero
era considerato un animale particolarmente pericoloso,
per cui l'unicorno araldico britannico è stato incatenato.

Elisabetta II - Elizabeth Alexandra Mary
Londra, 21 aprile 1926
regina del Regno Unito dal 6 febbraio 1952
alla morte del padre Giorgio VI


Unicorno della pittrice Morena