di Michela Corrò

Caratteristiche del virus

L’influenza aviaria è una malattia virale altamente contagiosa che interessa moltissime specie di volatili con manifestazioni ed andamento nella popolazione animale molto diversi in funzione del ceppo virale coinvolto e della specie colpita.

Il virus appartiene alla famiglia Orthomyxoviridae, genere Influenzavirus di tipo A ed è caratterizzato da un genoma virale costituito da un filamento di acido nucleico: RNA, suddiviso in 8 segmenti tenuti insieme da proteine strutturali, avvolto da un involucro lipidico (envelope), sul quale sporgono due differenti strutture proteiche denominate emoagglutinina e neuroaminidasi. (foto e disegno 1)

Foto virus Disegno virus

Foto 1: Influenzavirus A sottotipo H5N1

Disegno 1: Influenzavirus A: disegno schematico

Ad oggi si conoscono 16 tipi diversi di emoagglutinine e 9 neuroaminidasi, identificate rispettivamente con le lettere “H” ed “N”, dall’iniziale del nome inglese (haemoagglutinin e neuraminidase) e da un numero progressivo, ad esempio Influenzavirus tipo A sottotipo H5N1. Queste proteine permettono al virus di penetrare e replicarsi nella cellula ospite e sono in gran parte responsabili sia delle caratteristiche virali, sia della differente virulenza osservata.
Per tale motivo i virus influenzali sono classificati in sottotipi diversi in base alla combinazione di emoagglitinine e neuroaminidasi che li compongono. Queste proteine svolgono inoltre attività antigenica inducendo nell’ospite la produzione di anticorpi specifici, ciò significa che gli anticorpi prodotti nei confronti di un sottotipo influenzale non agiscono, né proteggono l’organismo nei confronti di altri sottotipi.
Nonostante non si abbiano ancora notizie precise sulla effettiva diffusione dei sottotipi influenzali nei volatili né sulla sensibilità delle diverse specie aviarie, tuttavia i virologi sono concordi nel ritenere che solo alcuni ceppi virali appartenenti ai sottotipi H5 e H7, sono responsabili della forma più grave della malattia: definita influenza aviaria ad alta patogenicità.
Oltre al sottotipo virale ed alla sensibilità di specie, anche altri fattori possono condizionare le manifestazioni cliniche della malattia ad esempio l’età dei soggetti colpiti, il loro stato immunitario, la presenza di altre patologie concomitanti, le condizioni di allevamento, ecc. Molto sensibili, ad esempio, ai sottotipi H5 e H7 sono polli e tacchini, mentre gli anatidi spesso sono portatori asintomatici del virus.
Tuttavia nei recenti episodi di influenza aviaria verificatisi in Asia si è potuto constatare che anatre e oche allevate si ammalano più facilmente e in modo più grave rispetto ad oche ed anatre selvatiche.

La malattia

I virus dell’influenza A si possono distinguere in 2 gruppi in relazione alla gravità della malattia che causano:

Influenza aviaria ad alta patogenicità HPAI (dall’inglese Highly Pathogenic Avian Influenza), provocata da particolari ceppi di H5 e H7; causa elevata mortalità nei volatili allevati, mentre più rari sono gli episodi di malattia in specie selvatiche, anche se i focolai verificatisi negli ultimi anni in molti Paesi Asiatici, dai quali è stato isolato il sottotipo virale H5N1, hanno coinvolto con esiti spesso drammatici sia specie allevate, sia specie selvatiche; particolarmente grave il focolaio del lago Qinghai, Cina occidentale, con circa 6.000 uccelli acquatici morti.
Il virus una volta penetrato nell’ospite diffonde in tutto l’organismo provocando lesioni talmente gravi da indurre in poche ore la morte del 95-100% dei soggetti presenti in un allevamento. Quando il quadro clinico è meno violento, si può osservare la comparsa di sintomi quali: tosse, starnuti, lacrimazione, edema della testa e del collo, colorito scuro dei bargigli e della cresta, emorragie sulla cute apprezzabili soprattutto nelle zone prive di penne; diarrea profusa e sintomi nervosi; la mortalità rimane comunque sempre elevata.
Influenza aviaria a bassa patogenicità LPAI (dall’inglese Low Pathogenic Avian Influenza), causata dagli altri sottotipi influenzali, compresi alcuni ceppi di H5 e H7 a bassa patogenicità. La malattia si caratterizzata per i sintomi non specifici, spesso di lieve entità, che possono comprendere sia forme enteriche: diarrea, sia forme respiratorie: sinusite, congiuntivite, tracheite, aerosacculite, ecc., accompagnate da diminuzione della deposizione di uova, inappetenza, depressione. Alla sintomatologia clinica può seguire la guarigione nel giro 1/2 settimane, oppure nelle specie più sensibili la morte spesso dovuta ad infezioni secondarie.
Anche in questo caso la malattia è altamente contagiosa, diffonde cioè rapidamente nella popolazione di volatili ed è probabile che quasi tutte le specie aviarie sia domestiche, sia selvatiche siano recettive al virus e possano quindi infettarsi.
I monitoraggi fino ad ora effettuati hanno evidenziato nei volatili acquatici la presenza di una grande varietà di sottotipi a bassa patogenicità, soprattutto in Anseriformi (anatra, oca, cigno, ecc.) e in Caradriformi (gabbiano, ecc.)
In entrambe le malattie la trasmissione del virus avviene per contatto diretto con animali infetti, in questo caso feci ed aerosol sono i veicoli principali per la trasmissione virale; oppure per contatto indiretto attraverso: cibo, attrezzature, acqua, veicoli, mezzi di trasporto contaminati dal virus. Il microrganismo ha una discreta resistenza nell’ambiente esterno se protetto da materiali biologici (feci, organi, ecc.) e nell’acqua, soprattutto in presenza di basse temperature, mentre viene rapidamente inattivato a temperature superiori ai 60-70°C. Il mantenimento comunque del virus nell’ambiente esterno e la sua diffusione anche a grande distanza, è possibile grazie alla presenza di specie aviarie più resistenti all’azione del patogeno (specie reservoir), in grado di ospitare il microrganismo nell’intestino.

Disegno 2

Disegno 2: ruolo dei volatili acquatici nella trasmissione virale

La situazione attuale

Numerosi sono i focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità provocati dal sottotipo H5N1, segnalati in Asia, Medio Oriente, Africa ed Europa dal 1997 ad oggi. Il virus originatosi nel sud-est asiatico si è profondamente radicato nella popolazione di volatili, favorito sia dal grandissimo numero di uccelli selvatici e domestici qui presenti, sia dalle particolari condizioni di allevamento praticate; inoltre l’adattamento a specie migratrici, ha permesso l’arrivo e la diffusione del virus anche in altre aree del mondo.
Da febbraio di quest’anno il sottotipo H5N1 è stato segnalato in Italia meridionale, in uccelli selvatici trovati morti. Fino ad oggi sono risultati positivi 19 volatili: 16 cigni provenienti dai Balcani, un germano, una poiana e un pollo sultano (dati del centro di Referenza Nazionale per l’influenza aviaria aggiornati al 3 marzo 2006).
Non si segnalano casi in allevamenti avicoli.
Su tutto il territorio nazionale sono da tempo applicati piani di monitoraggio e di controllo sia nei volatili allevati, sia in quelli selvatici per individuare tempestivamente focolai di infezione ed intervenire in modo adeguato.

Il problema influenza aviaria è particolarmente sentito in tutto il territorio comunitario e nell’ultimo anno l’Unione Europea ha rivisto la normativa in vigore ed emanato nuove disposizione alla luce delle conoscenze scientifiche ed epidemiologiche acquisite nel frattempo, tra queste la recente la direttiva 2005/94/CE del 20 dicembre 2005 relativa a misure comunitarie di lotta contro l’influenza aviaria, che abroga la precedente direttiva del ’92; mentre in ambito nazionale ricordiamo alcune ordinanze del Ministero della Salute:

  • – O.M. 10 ottobre 2005: modifiche ed integrazioni all’O. M. 26 agosto 2005 concernente misure di polizia veterinaria in materia di malattie infettive e diffusive dei volatili da cortile

  • – O.M. 22 ottobre 2005 misure ulteriori di polizia veterinaria contro influenza aviaria

  • – O.M. 11 febbraio 2006 recante misure urgenti di protezione per casi di influenza aviaria ad alta patogenicità negli uccelli selvatici e successive integrazioni e precisazioni, emanata dopo la scoperta dei focolai in Italia meridionale.

Dott.ssa Michela Corrò
Istituto Zooprofilattico delle Venezie