di Stefano Bergamo
Premessa
La Scheda di giudizio e valutazione stilata dalla FIAV riassume e sintetizza i criteri in base ai quali avviene l’analisi e la stima delle caratteristiche morfologiche e di razza in un soggetto avicolo. Oltre a valutare aspetti quali ossatura e muscolatura (morfologia) e le caratteristiche peculiari che contraddistinguono tale soggetto quale appartenente ad una determinata razza, varietà o colorazione (conformità allo standard di razza), la scheda prevede anche le voci Condizioni espositive e Aspetti migliorabili.
A proposito delle condizioni espositive, il Libro degli standard stabilisce che ‘nel giudizio complessivo di un soggetto è determinante, al fine di ottenere una valutazione massima, che l’animale offra una perfetta impressione di salute e sia in ottime condizioni espositive’. E continua precisando che ‘la voce relativa agli aspetti migliorabili deve essere interpretata come i consigli che il giudice dà all’allevatore per migliorare la presentazione dell’animale in occasione di eventuali altre esposizioni’.
Alla luce di quanto sopra, appare subito ovvio che tali criteri hanno acquisito una valenza di tutto rispetto tra i requisiti in base ai quali viene redatto il giudizio finale di un soggetto. Si può dire che l’importanza della preparazione alla mostra è andata via via crescendo quale parte integrante di quel processo evolutivo che l’avicoltura sportiva moderna ha conosciuto negli ultimi decenni.
La realtà delle esposizioni avicole
Se da una parte l’attenzione a determinati dettagli è stata ‘ufficializzata’, dall’altra si fatica ancora a riscontrare i segni concreti concreti di un mutato atteggiamento da parte dell’allevatore che porta i propri animali all’ingabbio.
Si assiste tuttora ad interpretazioni riduttive del concetto di ‘condizione espositiva’ che ne limitano la portata, ad esempio, a verificare che un avicolo da mostra abbia l’occhio ‘sano e vivace’, o che soddisfi a requisiti minimi – si pensi all’assenza di parassiti – come se fossero dei punti di arrivo nel percorso del soggetto da pulcino a giovane rappresentante della propria razza in esposizione.
Dispiace quindi dover ribadire che – per tornare all’esempio appena citato – l’assenza di parassiti è data per scontata da una Federazione che si auspica l’eliminazione di acari e pidocchi non solo dagli animali destinati al giudizio, ma dall’intero pollaio.
Sono invece molti di più i punti cui l’espositore dovrà prestare attenzione per garantire lo svolgimento decoroso della competizione sportiva. Si sentono ancora troppo spesso infatti giudici federali che si lamentano di avere dovuto preferire quel tale soggetto, non eccezionale ma ben presentato, rispetto ad un altro con migliori potenzialità ma in condizioni indecorose.
È molto probabile che sia poi il soggetto meno valido ad essere acquistato quale riproduttore o presunto miglioratore da un secondo allevatore.
A tali osservazioni si sente ribattere che si tratta “pur sempre di un animale”. Certo, e proprio in quanto tale non è in grado di determinare da sé quel livello di pulizia e di cure che gli permette di esprimere al meglio le proprie potenzialità. Ma soprattutto, si tratta di un animale che l’allevatore – nel momento stesso in cui porta a termine l’ingabbio – reputa possa a pieno titolo essere maneggiato, esaminato, e portato a distanza molto ravvicinata delle vie respiratorie di quella persona che è il giudice di esposizione.
Se presentiamo un soggetto arruffato da vento e pioggia, oppure sbiadito o ingiallito dal sole, non facciamo altro che chiedere a gran voce un giudizio penalizzante. Ma nel momento in cui presentiamo un animale mancante di qualche penna o con evidenti segni di ferimento a causa delle zuffe da sovraffollamento, solleviamo seri interrogativi su quanto ‘amatoriale’ sia l’allevamento; se addirittura consegniamo al segretario dell’esposizione un soggetto sporco, macchiato delle proprie deiezioni, di cui magari rimane traccia sotto le unghie o – peggio ancora – fra le scaglie dei tarsi che non si è provveduto a curare per tempo, costringiamo il giudice ad entrare in contatto ravvicinato con tutta una serie di (coli)batteri e parassiti interni, per non parlare di coccidi o altri organismi che non vanno assolutamente veicolati.
A questo punto, non è necessario essere dei fini conoscitori della psiche umana per capire come lo stesso giudice, piuttosto che propenso a mettere in risalto i pregi del nostro potenziale campione, difficilmente resisterà alla tentazione di metterne nero su bianco i difetti, dal momento che la valutazione ‘condizioni espositive: insufficienti’ non sembra impressionare granché certi espositori.
In ultima analisi, un allevatore che affida al giudice un animale nelle condizioni di cui sopra dimostra ben poca considerazione per quest’ultimo come individuo, e per la funzione ufficiale che proprio l’allevatore stesso – iscrivendo il soggetto – gli ha chiesto di svolgere.
In parole povere, è come invitare a pranzo un cuoco, e servire dalla zuppiera sporca.
Gli accorgimenti dell’allevatore-espositore
L’esposizione è una gara di bellezza in cui i soggetti iscritti si presentano al meglio delle possibilità e – per così dire – col vestito della domenica.
A tale scopo l’espositore coscienzioso adotta tutti gli accorgimenti del caso, sempre però nel pieno rispetto dei principi di onestà e sportività cui si ispira l’etica dell’avicoltura amatoriale. Quando si parla di accorgimenti è imprescindibile fare una premessa: è escluso nel modo più assoluto l’utilizzo di sostanze sbiancanti o coloranti, la correzione chirurgica di difetti gravi quali ad esempio irregolarità nella forma di cresta e bargigli, e quant’altro possa servire a strappare un giudizio positivo in modo fraudolento.
Gli accorgimenti legittimi ed auspicabili sono molti, ma si informano tutti ad un principio fondamentale: è anche espositore quell’allevatore che, a prescindere dalla data della mostra, osserva attentamente i propri animali, previene l’insorgere di situazioni problematiche e si prende a cuore il benessere degli stessi giorno dopo giorno, senza ricorrere a stratagemmi dell’ultimo minuto per celare mesi di incuria.
Quelli che seguono sono soltanto alcuni esempi di misure adottabili dall’allevatore-espositore, che – per ribadire un concetto già espresso – non trovano alcuna applicazione senza l’osservazione quotidiana ed attenta degli animali.
Tarsi
È sufficiente ungere regolarmente con olio di vaselina i tarsi dei riproduttori per prevenire la penetrazione subcutanea degli acari e la conseguente formazione di scaglie. Può succedere a tutti, comunque, di ritornare da una vacanza e scoprire che i tarsi del campione dell’anno scorso sono stati attaccati dagli acari. In presenza di qualche piccola scaglia qua e là, si proverà a rimuoverla premendo di lato: lo strato cheratinoso dovrebbe staccarsi e lasciare il posto all’epidermide nuova. Se però la scaglia non è pronta a staccarsi ma tende a sanguinare, o se gli acari hanno ormai attaccato gran parte dei tarsi, è necessario fasciarli in garze piuttosto strette da inzuppare poi in olio, e ricoprire con una seconda fasciatura impermeabile. Ripetendo l’imbevitura di olio due volte al giorno per dieci giorni, una volta rimosso lo strato di garza a diretto contatto con la pelle si noterà che le scaglie hanno lasciato il posto a dei tarsi lisci e lucenti.
Cresta, bargigli e orecchioni
Mancano due settimane alla prima esposizione e la giovane Livorno, non avendo ancora deposto il primo uovo, non accenna minimamente a piegare la cresta da un lato. L’allevatore sa benissimo che è questione di tempo, in quanto tale difetto non è mai ricorso nella linea di sangue che ha selezionato e fissato nel corso di anni. Un massaggio giornaliero con olio di vaselina nella direzione giusta, subito dopo il primo dente, può essere il fattore determinante che farà fare bella figura ad una giovane promessa.
Se la cresta del giovane Wyandotte è molto regolare ma la spina tende ad alzarsi, un massaggio con olio di vaselina ogni sera aiuta la stessa a seguire la linea del collo. Lo stesso vale per bargigli ed orecchioni rugosi.
Le razze con cresta od orecchioni particolarmente grandi, come la Chabo e la Livorno da una parte, e la Bantam o la Minorca dall’altra, vanno seguite – leggi: impomatate – soprattutto nei mesi invernali, ad evitare che il gelo provochi la formazione di antiestetiche croste o macchie.
Piumaggio
Come accennato, la pioggia ed il sole sono fattori che influiscono negativamente sulla qualità del piumaggio, soprattutto quando si alternano in rapida successione. La goccia di pioggia, infatti, agisce da lente di ingrandimento ed aumenta l’intensità dei raggi ultravioletti.
È necessario evitare che i giovani soggetti da esposizione, in procinto di ‘indossare’ il piumaggio definitivo, si espongano ad un temporale estivo ed ai raggi del sole di luglio subito dopo: le barbe appena fuoriuscite dalla rachide ne verrebbero danneggiate seriamente.
Il piumaggio degli animali adulti subisce l’esposizione alle intemperie in misura meno grave, ma pur sempre da non sottovalutarsi: se le piume avessero una resistenza illimitata, non sarebbe necessaria la muta annuale.
Invece, l’orlatura e la magliatura – anche nere – tendono a sparire dalla penna non più integra, come ben sa chi alleva la Sebright dal disegno delicato; le livree bianche si affrettano ad ingiallire, soprattutto se si tratta di bianco non dominante; ma anche l’allevatore della Livorno nella classica colorazione bianco dominante sa benissimo quanta selezione sia necessaria per ottenere un ceppo per il quale basti un pascolo ombreggiato ad inibire la tendenza ad ingiallire della sella e della mantellina.
Allo stesso modo, la livrea nera tende a diventare opaca o ad assumere riflessi rossastri; la fulva e la blu sbiadiscono e perdono facilmente di uniformità, che è invece una caratteristica fondamentale in tali colorazioni.
In generale, è buona norma nutrire gli animali in muta con granaglie oleose, quali i semi di girasole, che influiscono positivamente sulla lucentezza del piumaggio.
Olandese con ciuffo bianca
Ciuffo
Le razze ciuffate meritano un’attenzione particolare perché è spesso proprio sul ciuffo che si concentra l’attenzione del giudice. In generale vale il principio che l’animale deve essere in grado di vedere liberamente diritto davanti a sé, verso il basso ed in buona misura anche di lato.
In base al principio della salvaguardia del benessere degli animali, da tempo l’Entente Européenne e di conseguenza le varie federazioni nazionali hanno emanato delle direttive specifiche volte a prevenire quella che nella lingua ufficiale dell’Entente si chiama Quälzucht, ovvero l’allevamento-tortura.
All’allevatore quindi si richiede di rinunciare a perseguire l’ideale del ciuffo smisurato e di selezionare i propri riproduttori in modo tale che gli animali possano vivere in condizioni accettabili. Detto questo, è innegabile che il processo di selezione richiede del tempo, ed è inevitabile che anche i soggetti più aderenti allo standard possano avere il ciuffo ancora un po’ troppo voluminoso, con alcune piume che tendono a piegarsi verso il basso impedendo la vista o – peggio ancora – veicolando residui di becchime o acqua ormai sporca negli occhi.
A questo punto non solo è lecito, ma si impone l’intervento dell’allevatore-espositore per ‘ripulire’ l’area occipitale della Padovana, o della Moroaseta con piume in eccedenza.
Una menzione a parte merita il caso dell’Olandese a gran ciuffo, che presenta la cosiddetta ‘farfalla’, vale a dire quel gruppo di piume colorate (nere, blu, sparviero, giallo orlato, ed ultimamente anche fulve, cioccolato e kakhi) che hanno la funzione di sostenere la massa delle piume bianche. Le piume colorate infatti, grazie alla pigmentazione, hanno maggiore consistenza rispetto a quelle bianche (basti pensare al caso della colorazione grigioperla, che a causa della notevole diluizione del pigmento presenta una rapida perdita di consistenza del piumaggio, tanto che a tre generazioni di accoppiamenti in purezza di colore deve seguire l’immissione del nero per tornare a livelli accettabili di larghezza e consistenza della penna).
Per tornare all’Olandese ciuffata, la ‘farfalla’ deve essere ripulita per quanto possibile lungo l’intero contorno, eliminando le piumette colorate in eccesso. È chiaro che l’allevatore eviterà di ‘toelettare’ un soggetto con il ciuffo colorato di un terzo o addirittura a metà: in mancanza delle prerogative di razza, la preparazione alla mostra sconfina nel maltrattamento o nella frode.
Infine, il ciuffo va lavato con detergenti non aggressivi e che non provochino l’ingiallimento delle piume bianche. A questo scopo si trovano in commercio degli shampoo speciali per i mantelli bianchi dei cani da esposizione. Non c’è da stupirsene: l’ambiente delle expo cinofile o feline è estremamente esigente in materia di preparazione, ed un soggetto trascurato viene penalizzato senza pietà.
Oltre agli accorgimenti che implicano un trattamento diretto, volto al miglioramento delle varie zone anatomiche nel soggetto da esposizione, ci sono alcune prassi che l’allevatore-espositore fa bene ad adottare senza temere di esagerare, ad eccezione del taglio di cresta e bargigli nel Combattente inglese, pratica ora giustamente vietata dalla legislazione vigente e dalle federazioni avicole.
Bagno
‘Fare il bagno alle galline’ non sembra essere una prassi molto popolare tra gli avicoltori italiani. I motivi sono certamente diversi, legati ad una mentalità tradizionalista, al rifiuto delle innovazioni, a scelte ideologiche e personali che esulano dall’argomento. Se però il motivo che l’allevatore adduce è la mancanza di tempo, all’espositore viene da pensare che chi non ha tempo fa meglio ad evitare l’hobby dell’avicoltura e gli animali in genere.
I vantaggi del bagno in sé sono evidenti per le razze a piumaggio chiaro e per quelle ricche di piumino, come la Cochin e la Orpington che – una volta liberato il piumino del sebo che lo appesantisce – dopo l’asciugatura con il phon risulteranno decisamente più voluminose. Lo stesso vale per la Moroaseta, alla quale si richiede un aspetto quasi da peluche.
In generale è importante usare poco shampoo e risciacquare bene, ad evitare che la pelle cominci a produrre del sebo in eccesso per compensare l’azione aggressiva di saponi o detergenti usati senza parsimonia.
Inutile aggiungere che è assolutamente da evitarsi l’esposizione del soggetto a correnti d’aria e sbalzi di temperatura prima, durante e dopo il bagno, cui seguirà un’acclimatazione graduale alla temperatura esterna.
Addestramento alla gabbia
È anche questa una voce della Scheda di giudizio, ed in quanto tale va presa in considerazione dagli espositori. Un animale che non è mai stato in gabbia prima del trasporto e appunto dell’ingabbio, all’arrivo del giudice non si calmerà certo di propria iniziativa, né assumerà una posizione che permetta all’esaminatore di apprezzarne le qualità.
Al contrario, nervoso e stressato svolazzerà da un lato all’altro della gabbia o si aggrapperà con una zampa alle inferriate della stessa. Se una tale situazione penalizza i soggetti della maggior parte delle razze da esposizione, a maggior ragione è da evitarsi da parte degli appassionati delle razze combattenti, ed in particolare del Combattente inglese moderno nella varietà nana.
Chi alleva tale razza sa che un soggetto impaurito e depresso non farà bella figura e nemmeno si lascerà convincere a mettersi in posa dalla bacchetta del giudice, strumento che magari vede per la prima volta.
Si impone quindi, alcune settimane prima della mostra, un ciclo di allenamenti, a cominciare dall’abitudine alla gabbia prima ed alla bacchetta poi.
Nel giro di poche settimane, al vedere la bacchetta il giovane CIM assumerà automaticamente la posizione più tipica e congeniale alle caratteristiche di razza.
Il giudice, inoltre, si farà un’idea delle qualità dell’allevatore-espositore, a tutto vantaggio dell’Associazione che lo ha invitato e dell’intera categoria.
Trasporto
Il trasporto degli animali, se effettuato erroneamente, può incidere negativamente sulle condizioni espositive. La fretta e l’approssimazione nel sistemare gli animali nel mezzo di trasporto favoriscono l’insorgere di stress, con immaginabili conseguenze.
La bellissima Sebright, ad esempio, va soggetta a stress da cambiamento improvviso di situazione ambientale, e tende a perdere le piume sulla zona anteriore del collo. Se il giovane gallo arriva alla prima esposizione con le narici che colano per lo spavento di avere viaggiato accanto al gallo dell’anno precedente, che certamente non lo ha fatto sentire il benvenuto, o addirittura di un gallo di altra razza, è probabile che arrivi alla seconda esposizione con il collo seminudo, o che l’allevatore abbia il buon senso di tenerlo a casa.
Inutile soffermarsi sull’importanza di utilizzare trasportini aerati ma senza spifferi ed asperità, e dotati di uno strato di segatura (privata della polvere) o paglia pulita sul fondo.
Conclusione
Le presenti osservazioni hanno voluto essere un tentativo di mettere in luce sinteticamente i dettagli che consentono all’allevatore di concludere l’annata con una o più esposizioni di successo, a coronamento di una stagione che lo ha visto impegnato a fare nascere, crescere e maturare una generazione di giovani avicoli secondo i dettami dello standard di razza e nel rispetto dei moderni criteri di zoo-profilassi.
Perché se tutti sanno che non è facile allevare soggetti sani e belli, non tutti sembrano ancora avere compreso che è invece relativamente semplice presentare gli stessi soggetti in modo consono al lavoro svolto nei mesi precedenti. E quale ultima considerazione, all’allevatore attento non può essere sfuggito che la preparazione all’esposizione ha acquisito, in ambito europeo prima ed anche nazionale ultimamente, una valenza sempre più ‘ufficiale’ che viene lasciata sempre meno volentieri alla discrezione del singolo espositore.