di Focardi Fabrizio

L’Italia ha mai avuto una sua razza di polli nana? Questa è una domanda che mi sono più volte fatto, e devo dire che la risposta è sempre stata molto incerta.
Ho 64 anni, ed ho quindi vissuto il periodo successivo all’ultima guerra, quando l’Italia tentava di rialzarsi dalla batosta subìta. I problemi erano tantissimi e tutti, compresi i “grandi” della nostra avicoltura, avevano ben altre cose a cui pensare: gli italiani non sono mai stati grandi selezionatori, e non credo che proprio in quel periodo si siano dedicati alla selezione della razza nana italiana.
Man mano che le cose miglioravano, anche l’avicoltura riprendeva a vivere, ma seguendo più un indirizzo industriale che amatoriale.
Si cominciò perciò a pensare ad una selezione di produzione, più che ad una di razza: gli allevamenti preferivano, in poche parole, polli meno belli, ma più produttivi.

Le origini della mia famiglia sono contadine, i miei nonni infatti abitavano in Toscana, non lontano dalla località di Vallombrosa, che allora si poteva definire “in capo al mondo”.
Come tutti i contadini avevano anche loro polli e conigli. Ovviamente dell’incubatrice, anche se già presente nei grandi allevamenti, lì non ne avevano neanche sentito parlare…
La riproduzione avveniva pertanto naturalmente, preferibilmente con tacchine, ma anche con chioccie. Spesso erano usate, per la loro spiccata propensione alla cova, delle galline nane chiamate “Mugellesi”, perché, presumibilmente, credute originarie nel Mugello.
Il Mugello è un’ampia zona rurale a pochi chilometri da Firenze, dove, nei tempi passati, erano presenti pochi borghi e moltissime case coloniche; ogni tanto emergevano, da boschetti e giardini, ville e castelli, alcuni dei quali appartenenti alla famiglia dei Medici. Mugellani erano anche Giotto e Beato Angelico.
Ma torniamo alla nostra Mugellese, che altro non era se non una gallinella nana presente in tutte le aie dei contadini, ma spesso anche tenuta in un giardino cittadino, a volte addirittura in casa, magari in un mini pollaio sul davanzale della finestra, come animale da compagnia; le nonne erano solite regalarne una coppia ai propri nipotini quando raggiungevano un’età che gli permetteva di accudirla personalmente.

Pepoi

Pepoi: presentata alla Mostra Avicola Alpe Adria, Sagra dei Osei, Sacile 2007
Allevatore Enrico Borgato

Ho visto Mugellesi di tutti i tipi: col ciuffo, con le calze e con i tipi di cresta più svariati. Il piumaggio poi aveva un’ampia varietà di colori e disegni; ognuno usava per la produzione quelle che più gli piacevano, ma i gusti cambiavano, e se un vicino ne aveva una più bella si faceva di tutto per averne una simile nel nostro pollaio.
Mi ricordo – ero ancora un ragazzino – che ne vidi una con la cresta doppia (così si chiamava l’odierna cresta a rosa): una rarità! Feci di tutto per averla, dopodiché i miei coetanei facevano la fila per avere le uova.
Così cambiavano disegni, colori, morfologia e mole; sì, anche la mole variava, perché ovviamente non erano tenute separate dagli altri polli, e le galline spesso preferivano il gallo più aitante, generando così quelle “mezzane” che avevano il pregio di covare più uova.

Nella vecchia letteratura si parla molto vagamente di queste gallinelle e non sono mai riportate caratteristiche particolari che potrebbero palesare l’appartenenza ad un ceppo o quantomeno ad una razza.
Gli scrittori avicoli non si sarebbero certo lasciati sfuggire una presenza così importante, dal momento che sono stati oltremodo scrupolosi a riportare razze e sottorazze, molte delle quali altro non erano che tentativi fatti a casaccio e che hanno poi avuto la gloria che si meritavano.
Nel nostro standard abbiamo una sola razza nana italiana riconosciuta: la Mericanel della Brianza, nientedimeno che in otto diverse colorazioni: Bianca, Nera, Argentata, Dorata, Dorata Blu, Perniciata, Perniciata Blu e Pile.
È da considerare che le tre colorazioni Argentata, Dorata e Dorata Blu sono abbastanza recenti nel mondo avicolo; basti pensare che nel libro di Bruno Duerigen “Handbuch der Gefluegelzucht” del 1910 non erano ancora selezionate neanche nell’Italiana; oltretutto, nessuna razza italiana aveva colorazioni in cui fosse presente il blu; è quindi azzardato pensare che l’avesse proprio la Mericanel della Brianza.
La sua presenza è sempre stata molto scarsa, in alcune colorazioni addirittura non si è mai vista.
Non credo che questa razza, agli inizi del ‘900, abbia avuto origine da una accurata selezione mirata a fissare caratteristiche morfologiche e di colorazione; credo invece che sia stata niente di più della classica gallinella nana presente in tutta Italia. Unica differenza il nome, che poteva essere Mericanel della Brianza o Americanina, Mugellese o Francesina, Pepoi o, sicuramente, anche qualche altro che adesso non ricordo.
Il solo fatto che in diverse zone si usasse un diminutivo del nome di un Paese straniero sta a significare che non fosse considerata autoctona.
Anche in vecchi libri francesi, più o meno come nei nostri, si trovano notizie su non ben precisati polli nani, ma oggi l’unica razza nana autentica francese è la Pictave, che non vanta certo un’origine ancestrale, ma che fu selezionata intorno al 1929 dal Conte Raymond Lecointre senza rincorrere fantasmi del passato (per notizie più precise rileggetevi il mio articolo sul notiziario Avicoltura/Avicultura N° 10-Aprile/Giugno 2004).

Nel tempo, da diverse parti d’Italia, ho ricevuto molte telefonate su questo argomento; ma tutti, più o meno, mi descrivevano queste gallinelle con caratteristiche che poco si discostavano l’una dall’altra.
Non si potrebbe negare alle varie Regioni, qualora lo richiedessero, il diritto di riconoscere una propria razza nana; il problema? Si dovrebbero imporre caratteristiche diverse per poter diversificare le svariate razze.
Mi è stato chiesto, in base ai miei ricordi, di buttare giù uno standard per la Mugellese, e per farlo mi sono basato sui soggetti che sempre avevo visto dai miei nonni: cresta semplice e colorazione vagamente somigliante all’odierna “Collo Oro”; molto simile dunque alla razza francese Pictave.
Devo dire che i ceppi presenti in quella zona erano abbastanza omogenei; questo era molto probabilmente dovuto alla difficoltà a reperire nuovi soggetti. È importante tenere conto che gli spostamenti umani erano molto, ma molto, limitati; basti pensare che moltissimi erano stati nel Capoluogo una sola volta nella vita, e la maggior parte di essi, il mare, che oggi si raggiunge in poco più di un’ora, lo potevano solo immaginare.
Più tardi, quando “andar per il mondo” diventò più facile, la situazione andò pian piano peggiorando perché facilitò l’inserimento di nuovi soggetti, causando così la distruzione di quel poco che sporadicamente, in zone molto ristrette, casualmente si era riuscito a fissare.
La mia conclusione è che tutte le varie razze nane che si pensa siano esistite in Italia, in base alle sole voci di popolo, facciano parte di quella nutrita schiera di ceppi di polli ai quali la fantasia popolare aveva dato un nome, ma che non si fosse mai neanche tentato di farne una razza…
Si possono definire razze quelle popolazioni i cui soggetti sono contraddistinti da comuni caratteri ereditari fenotipici e genotipici, sia ottenuti attraverso particolari processi riproduttivi (selezione) sia per origine ancestrale. E, diciamocelo francamente, non è questo il caso delle nostre gallinelle…

Non sarebbe dunque meglio unire gli sforzi e creare una nana italiana trovandoci d’accordo sulle caratteristiche? Utopia? Forse sì, ma tentar non nuoce! Questa naturalmente non è altro che un’opinione personale, e se qualcuno che mi legge avesse notizie più precise, preferibilmente avallate da vecchi scritti, sono disponibilissimo a cambiarla.