di Fabrizio Focardi

C’è un po’ di confusione. È per questo che il CTS ha in programma l’aggiornamento degli standard delle nostre oche onde terminare la revisione di tutte le razze avicole italiane.
Voglio comunque prima mettere al corrente gli allevatori, ed i lettori del Notiziario, del risultato della mia ricerca e delle mie considerazioni che poi, insieme ai vostri consigli, saranno valutati dal CTS per il suo lavoro.
Oggi lo Standard italiano riconosce solo l’Oca Italiana e l’Oca Padana.
Ma sono giuste le denominazioni Oca Italiana ed Oca Padana? Ed i soggetti di Oca Padovana, riapparsi alle nostre mostre, nonostante la razza non sia ufficialmente riconosciuta, hanno le giuste caratteristiche della razza? E che dire poi delle altre tipologie come l’Oca Piacentina e l’Oca di Lomellina esistite nel passato? Ci saranno ancora soggetti coi quali sperare in una riselezione?

Andiamo con ordine; cercherò, nonostante non abbia esperienza alcuna nell’allevamento delle oche, di dare risposte esaurienti a queste domande, almeno a quelle tecniche; ma se qualcuno di voi, con la propria esperienza, ci può dare consigli, è il benvenuto.

Origini

L’allevamento dell’oca è antichissimo, molto anteriore a quello dell’anatra. Se ne trova traccia 4000 anni a.C. nella tomba del faraone Tè (V° dinastia), nella metropoli di Menfi. In essa è dimostrata l’avvenuta domesticazione, in quanto sono raffigurate, oche in un cortile insieme a gru e colombi, con sotto l’iscrizione: «La riunione dei colombi e delle oche dopo che essi hanno mangiato.»
Omero ne parla nell’Odissea, allo XV° canto, in cui è citata Elena che alleva oche nella corte del palazzo di Menelao ed al canto XIX°, quando Penelope, raccontando un sogno, parla del suo allevamento di oche.
I poeti greci si ispirarono al candore dell’oca e la paragonarono alla grazia e alla bellezza delle giovani fanciulle.

Putto con oca

Ha oltretutto innumerevoli antenati famosi:
L’oca sacra di Augusto: abbandonata fra le braccia di sua moglie Livia dall’aquila cara a Giove, fu ritenuta un dono degli dei e pertanto consacrata.
Le consorelle del Campidoglio, allevate nel tempio di Giunone, che col loro sberciare avvertirono dell’arrivo dei barbari di Brenno.
L’oca di Friburgo, immortalata con un monumento, che, con la sua sensibilità, durante la seconda guerra mondiale funzionava da radar, avvertendo gli abitanti dell’arrivo degli aerei nemici.

Viene da pensare che mai più ingiuste furono espressioni come: “Stupido come un’oca” o “Essere un’oca giuliva”.
Il secondo può andare, se non viene inteso in senso dispregiativo, in quanto l’oca è gaia e festosa e saprebbe godersi la vita se l’uomo gliene desse l’opportunità.

La capostipite dell’oca domestica la troviamo nella famiglia degli Anatidi nell’ordine Anseriformi: l’Oca Selvatica Grigia (anser cinereus).
È una delle oche selvatiche più grandi, pur mantenendo una forma molto aerodinamica, ha un peso di circa kg. 3,5 ed un’apertura alare di 180 cm.

Parti oca
  1. Becco
  2. Unghiata
  3. Orifizio nasale
  4. Fronte
  5. Occhio
  6. Nuca
  7. Guancia
  8. Collo
  9. Pomo dell’ala
  10. Copritrici dell’ala
  11. Remiganti
  12. Coda
  13. Ventre (parte posteriore)
  14. Piumaggio del fianco
  15. Fanone
  16. Tarso
  17. Membrana interdigitale
  18. Dito
  19. Chiglia
  20. Petto
  21. Striature del collo
  22. Giogaia

Il becco è grosso e robusto, alla base è più alto che largo, di colore arancio intenso con unghiata rosea; esso è provvisto, ai margini, di lamine cornee che servono a strappare, triturare e spesso filtrare gli alimenti che l’oca trova sondando il fondo degli stagni.
Ha comunque un menu esclusivamente vegetale: erbe, semi, tuberi, bacche e frutta.
La testa è piccola, in proporzione al corpo. Il collo è lungo e fine. Le lunghe ali stanno aderenti e, quando sono chiuse, raggiungono l’estremità della coda senza però incrociarsi o sorpassarla.
I tarsi sono rosei e robusti.
Come tutte le oche selvatiche porta a termine una sola covata l’anno, covando, per 28/29 giorni, 5/6 uova al massimo.
Ha una colorazione particolare, che ritroviamo in molte razze di oche domestiche.
Il colore di fondo è un grigio brunastro uniforme ed il margine delle penne è orlato di bianco. Bianco nella parte bassa del petto, ventre castano con macchie di tonalità più intensa. La coda è come il resto del piumaggio.

Manifesto allevamento oca

Allevamento

In Romagna l’oca era altamente considerata, si diceva che, quando venne sparso nel Mondo il sale del giudizio, tre parti di questo furono assorbite dalle oche; il resto venne assimilato dagli uomini.
Definita il “maiale dei poveri”, in tempi in cui era difficile vivere, lei dava uova, piumino e ottima carne con pochissima spesa; anche la pelle veniva usata e, dopo essere stata sapientemente conciata, serviva per confezionare candide pellicce.

Le nostre oche domestiche assomigliano molto all’Oca selvatica grigia, anche se hanno un aspetto più pesante; la distinzione del sesso non è facile, perché nei due sessi la colorazione è identica; solo in età adulta, in alcune razze, il maschio è riconoscibile perché più grosso.
Nel recente passato il suo allevamento era molto sviluppato, specialmente nell’Emilia Romagna e Veneto.

Allevare oche non richiede molto, è sufficiente un prato per il pascolo, più o meno ampio a seconda del numero dei soggetti che si vogliono tenere, e acqua, anche poca, perché l’oca non è come l’anatra, ama soprattutto pascolare. I tarsi, situati al centro del corpo, sono molto più lunghi di quelli delle anatre, questa particolarità conferisce loro un passo più sicuro.
Se dispongono di sufficiente alimento verde sarà sufficiente, ogni tanto, un pastone di pane, cruschello di frumento e farina di granoturco oltre ad un po’ di grani, niente di più.
Ho letto, in un vecchio libro, che in Pomerania Occidentale – Regione a nord est della Germania da cui proviene l’omonima razza e dove fino alla metà del secolo scorso l’allevamento era particolarmente sviluppato – un ragazzo, al mattino, passando nei pressi dei villaggi suonava a distesa un corno e, da ogni casolare, uscivano branchi di oche che il ragazzo stesso conduceva al pascolo, come un gregge di pecore. Alla sera le oche rientravano al Paese e ciascun gruppo ritrovava la propria casa.

Ingozzamento

Un agricoltore, mio vicino, ha un bellissimo gruppo di oche bianche, sempre immacolate nonostante stiano tutto il giorno nei campi; molto indipendenti, le trovo addirittura sulla strada a più di un chilometro di distanza dai loro prati, sempre tranquille e con aria indolente, senza fretta e senza paura, si spostano, quando passo in macchina, quando sono a piedi allungano il collo e sembra mi redarguiscano con il loro verso per averle disturbate.
Quando non le vedo le cerco con lo sguardo e spesso le intravedo in fondo al prato nel ruscello e mi viene da pensare: che bella vita fanno!

Età oche

Intorno all’età di sei mesi, a seconda della razza, le femmine iniziano a deporre, ma è bene per la riproduzione usare soggetti di almeno un anno compiuto. Un’oca può dare buoni risultati fino ai 4/5 anni; dopo, la fertilità ed il numero di uova calano.

Il gruppo ideale è formato da un maschio e tre femmine ed è bene che siano soggetti della stessa età, specialmente le femmine, altrimenti il maschio tende a preferire la più giovane (però!!) snobbando le altre. Mai il gruppo deve avere due maschi, si disturberebbero a vicenda.

La scelta dei riproduttori va fatta standard alla mano e non si deve incorrere nell’errore: più grosse più belle. A parte la fecondità, che non è compatibile con la grossezza, lo Standard va anche seguito per la mole.

Le nostre oche un tempo erano riconosciute come eccezionali produttrici di uova e carne prelibata, ma erano anche apprezzate per la loro robustezza e facilità di allevamento; per queste loro doti furono esportate in tutta Europa. Sono sicuro che molte razze oggi esistenti in altri Paesi hanno il sangue delle oche italiane.

Sul libro Standard inglese, con prima edizione datata 1956, si legge:
«Non ci sono dubbi che, in Germania ed Olanda del nord, fu usata l’oca bianca italiana per creare la Embden, incrociandola con le loro indigene bianche.»

Oggi l’Oca non è più allevata come una volta e quei pochi soggetti che si vedono provengono dai tanti mercati di provincia, dove parole come morfologia, colorazione, disegno o produzione hanno poca importanza, ma agli inizi del secolo scorso, fino ad oltre la metà, l’oca faceva parte di quel patrimonio avicolo da conservare gelosamente nelle sue caratteristiche morfologiche di colorazione e di produzione.
La selezione, volta nel tempo a migliorare la produzione o l’aspetto, ha fatto sì che si creassero varietà con caratteri stabili dovuti anche al rapporto con l’ambiente e, quindi, al clima ed alla nutrizione.

Oca Italiana
(o Oca di Roma o Oca Romagnola?)

Oca Italiana è una denominazione, molto vaga; con tale nome si potrebbe definire un’oca che occupa tutto, o perlomeno buona parte, del territorio nazionale, ma così non è stato, tanto meno lo è oggi.
Sulla letteratura dell’inizio del secolo scorso, quella che oggi definiamo Oca Italiana, era l’Oca Romagnola. È giusto che oggi l’Oca Romagnola, che ha fatto storia, non esista più? No! Personalmente non la penso così e mi faccio promotore del cambio di nome.

Oca di Romagna

Ecco alcuni brani di autori e allevatori stranieri tratti dal libretto “Allevamento Dell’Oca” del 1940 di Ferruccio Frau-Sanna, direttore, agli inizi del secolo scorso, della rivista di avicoltura “Bassa Corte”:

J. Fasbender (Belgio inizio XX° secolo)

«[…]se vogliamo fare la scelta di una razza di volatili per intraprendere con profitto l’allevamento, dobbiamo anzitutto renderci conto del suo valore:
1) consultando l’opinione degli allevatori amatori e degli avicoltori pratici commercianti;
2) constatando la voga ottenuta negli anni che seguirono la sua apparizione sui mercati e nelle esposizioni;
3) tenendo conto degli apprezzamenti dei nostri Maestri.
Dopo aver seguito l’oca di Romagna in questo triplice ordine di prove, dopo aver fatto oggetto di studi personali per oltre dieci anni, io vengo con tutta sicurezza a proclamare il suo alto valore. Ed è con piacere, misto ad un ben legittimo orgoglio, che io, quale introduttore in tutti questi paraggi, dell’oca di Romagna, rinnovo arditamente la mia predizione: “Essa detronizzerà tutte le oche del Paese”. Le oche fiamminghe, le oche di Virton, di Wieres, e della Semois, senza eccettuare le oche di Tolosa ed altre, debbono cedere il passo all’oca di Romagna. Nessuna delle qualità riconosciute, incontestate in questa razza del paese e straniere, manca nell’oca di Romagna: rusticità, facilità di allevamento e d’ingrassamento, finezza di carne, salute, vigoria, peso.
Essa possiede in una volta tutti questi pregi e meglio di ogni altra. E di più essa tiene il record della produttività doppia, tripla e anche quadrupla di quella delle altre razze. Infine la sua piuma e il suo piumino sorpassano in finezza, bianchezza ed abbondanza, tutte le sue concorrenti. Ecco perché essa ha raggiunto in pochi anni una vera rinomanza, perché è richiesta da per tutto tra gli avicoltori amatori, come tra gli agricoltori. Ed è anche ciò che ha spinto i giurati in tutte le esposizioni a coprirla di palme e di medaglie.»

Anche sul “The Journal of the Ministry of Agricolture” inglese l’allevatore/scrittore M. Stanley Porter esaltava la nostra oca e la consigliava, come pure faceva il francese Ad. J. Charon, redattore avicolo, sul “Journal d’Agriculture Pratique”. Charon, che si preoccupava molto del miglioramento delle oche francesi, si rivolse a Frau-Sanna per avere chiarimenti sulle diverse tipologie delle oche bianche italiane. Frau-Sanna delegò, fonte autorevole, il Prof. Alessandro Ghigi che così rispose:

«Le Oche Romane esposte a Le Haye da parte degli avicoltori inglesi furono acquistate in Italia. Esse corrispondevano all’oca Piacentina e alle Romagnole bianche, che esposte nella sezione italiana furono acquistate dagli inglesi. A mio avviso, tutte le oche italiane bianche sono dello stesso tipo (venete, romagnole e piacentina comprese). Esse sono delle ottime produttrici di uova. Volendo io acquistare da un contadino del Veneto una coppia di esse per la Stazione sperimentale di pollicoltura di Rovigo, per presentarle alla Mostra mondiale, ne ebbi un rifiuto, perché il contadino desiderava capitalizzare l’imminente prodotto delle uova.
È perfettamente esatto che queste oche producono un centinaio di uova all’anno, anche senza selezione. Ed in omaggio alle oche del Campidoglio che salvarono Roma, io ritengo che si dovrebbero chiamare oche Romane tutte le oche bianche a rapido sviluppo e a grande produzione di uova.»

Frau-Sanna si disse d’accordo con quanto esposto dal Prof. Ghigi, ma fece allo stesso tempo notare che i vari tipi di oca a piumaggio bianco avevano delle differenze di produzione e anche di mole, sebbene non molto accentuati.
Disse anche che gli allevamenti di oche delle diverse Regioni italiane sono prevalentemente rurali e non hanno interesse alla selezione non avendo questo fatto per loro nessuna importanza. Sanno solo che posseggono oche che rispondono perfettamente ai loro bisogni e di ciò si contentano.

Se mi permettete non sono d’accordo col Ghigi di chiamarla “Oca di Roma”, a parte le ragioni sopra esposte verrebbe da pensare ad un’oca originaria della campagna romana.
Così Giovanni Savorelli spiega come si è arrivati a chiamarla “Oca Romana”:

«Quando l’oca di Romagna fu presentata dall’Italia alla seconda esposizione mondiale di avicoltura di Barcellona (Spagna), nel maggio1924, piacque agli allevatori chiamarla “oca di Roma” e i visitatori delle diverse nazionalità, si domandarono con interesse e meraviglia, se quei campioni appartenessero alla razza che salvò il Campidoglio.»

Evidentemente per svegliare curiosità, e di conseguenza interesse, per la nostra oca si sfruttò la ben nota storica vicenda delle oche del Campidoglio, chiamandola appunto Oca di Roma; fu indovinata perché piacque questa nuova denominazione, tanto che sia l’America che l’Inghilterra acquistarono in quella occasione diversi soggetti.
In Inghilterra è riconosciuta, già da lungo tempo, col nome di “Roman Goose” (Oca Romana).

Roman goose

In America è stata ufficialmente riconosciuta molto più tardi, solo nel 1977, ed è chiamata “Tufted Roman Goose” (Oca Romana Ciuffata), sì, perché la selezione americana richiede un piccolo ciuffetto sferico sulla nuca.
Non credo che l’idea del ciuffo sia stata loro, ma che abbiano mantenuto una caratteristica già presente in alcuni soggetti direttamente importati dall’Italia; l’America è un Paese, come del resto l’Inghilterra, molto tradizionalista in avicoltura e le tipologie sono rispettate scrupolosamente nel tempo: razze come la Wyandotte, la Livorno e la Orpington, che in Europa hanno subito cambiamenti morfologici considerevoli, in questi Paesi sono rimaste inalterate, penso perciò che lo stesso trattamento sia stato riservato anche alla nostra oca.

Tufted Roman M Tufted Roman F

Così è riportato nel loro “Standard of Perfection”: «L’Oca Ciuffata Romana è un’oca leggera, compatta, con ossatura fine, allevata nell’antichità a Roma e che si distingue per il ciuffo sferico sulla sommità della testa.»

Anche Pascal ne parla e secondo lui, pur essendo una caratteristica assai rara, si riscontrava in alcuni soggetti di oca comune.
Nel libro “Allevamento dell’oca e dell’anatra” del Dr. Gian Carla Pozzi, edito nel 1959, così sta scritto: «La testa è fine e talvolta ornata, in sommità, da un ciuffo, mai molto sviluppato.»

Questa caratteristica è anche presente nella bella razza spagnola “Empordanesa”, che ha caratteristiche molto simili alla nostra vecchia oca comune.
Lo standard inglese invece non parla di ciuffo, ma solo di un’oca piccola introdotta in Inghilterra già nel 1903 con una colorazione non fissata, ma precisando che, in seguito, si ebbero altre importazioni di colorazione bianca.
Nei due Paesi, Inghilterra ed America, è inclusa nella categoria delle oche leggere.
Come oca Italiana è invece presente negli standard della Svezia, Danimarca e Repubblica Ceca.
Interessante è fare un raffronto dei pesi fra i diversi standard:

Paese Peso Maschio Peso Femmina
U.S.A. Kg. 4,55-5,45 Kg. 4,00-4,55
Inghilterra Kg. 5,45-6,35 Kg. 4,55-5,45
Svezia Kg. 7,00-7,50 Kg. 6,00-6,50
Scandinavia Kg. 7,00-7,50 Kg. 6,00-6,50
Repubblica Ceca Kg. 5,00-6,00 Kg. 4,40-5,40

Come si può notare sia la Svezia che la Danimarca hanno pesi molto più alti, ma è molto importante quello che ambedue scrivono a proposito dell’origine:

Danimarca
Origine: questa oca tuttavia non ha molto a che vedere con l’oca italiana. Si ritiene che sia un incrocio dell’oca comune di terra tedesca con l’oca di Emden con l’aggiunta limitata di oca italiana.

Svezia
Origine: probabilmente originata da un incrocio tra oca comune di terra tedesca con l’oca di Emden ed oca italiana.

Std Svedese Std RepCeca

In effetti sono convinto che questo incrocio sia stato fatto per aumentare il peso dell’oca italiana – non siamo mai contenti! – l’ottima deposizione non bastava, si voleva anche più carne, ma non è quella l’oca che noi vogliamo, noi vogliamo l’oca come era prima dell’incrocio, quella che gli inglesi dicono che servisse per la selezione della Emden stessa: quella era la vera oca Romagnola, quella che i cechi, gli inglesi e gli americani importarono nei loro paesi.

Std Danese Lo standard danese mette in contrapposizione le due tipologie e sono chiaramente visibili nell’oca italiana i 2 fanoni, giusti nell’oca di Emden, ma difetto grave in quella italiana.

I disegni più o meno si assomigliano, tutti raffigurano un’oca con una postura non troppo schiacciata che si può invece incontrare in oche più pesanti.

Oca di Roma prima,Oca Italiana poi; ma si tratta sempre dell’Oca Romagnola.

Non esiste dimorfismo sessuale, ma nei soggetti adulti il maschio è in genere leggermente più alto.
Frau-Sanna scrive che in soggetti di pura razza romagnola si può notare una rimarchevole particolarità: il piumaggio al momento della nascita non è bianco, bensì color canarino e mentre i maschi sono di questo colore uniforme, le femmine hanno la sommità della testa più scura.


La cosa mi incuriosisce; sarebbe di grande aiuto, ma è vero?
Sul libretto di cui sopra, ma anche sulla rivista “Bassa Corte”, si dà il “modello” (standard, ndr) dell’oca Romagnola adottato e, per convenzione tra gli allevatori, presentato in occasione dell’esposizione di Russi (Ravenna) nel novembre 1925 e che qui fedelmente riporto:

Apparenza generale animale piuttosto voluminoso, elegante, armonioso nelle sue parti.
Taglia altezza del maschio alla sommità del capo metri 0,85; femmina da 0,75 a 0,80.
Peso medio maschio adulto da kg. 4,00/5,00; femmina kg. 5,00/5,500 (strano che la femmina sia più pesante del maschio, penso si tratti di un errore, ndr).
Figura nell’insieme è piuttosto rotonda; testa leggermente arcuata dal punto della nuca al becco, collo quasi verticale e ben portato, dorso lungo in linea esatta senza risalti che scende sino alla coda. Le parti davanti: petto e ventre, regolarmente arrotondati.
Testa robusta, regolare, piuttosto rotonda.
Occhi rotondi, laterali, gira un filetto rosso attorno alle palpebre, pupilla scura circondata da disco grigio.
Becco robusto, giusto, aranciato rosso, terminante con sopraelevata unghia rosea.
Nari aperte, larghe.
Collo lungo, arrotondato regolarmente, portato dritto o leggermente inclinato in avanti.
Dorso e reni lungo, largo ben teso e robusto.
Petto profondo, largo, ben appoggiato all’addome.
Ventre lungo, largo. Leggermente discendente.
Cosce forti, muscolose e ben sporgenti.
Ali unite al corpo, lunghe, parallele.
Coda corta seguente la linea orizzontale del dorso leggermente arrotondata alla sua estremità.
Tarsi grossi, lunghi, color rosso aranciato.
Dita lunghe distanziate l’una dall’altra, unite da larga membrana color rosso arancio.
Unghie forti, robuste, rosee.
Piumaggio abbondante, serrato sulle parti superiori del corpo, più fitto e più fine nelle parti inferiori, colore perfettamente uniforme bianco immacolato.
Scala dei punti:
Taglia e aspetto generale 20
Testa e collo 10
Occhi 5
Dorso e spalle 10
Ali e coda 10
Petto e ventre 10
Zampe, tarsi, becco 15
Piumaggio 20
Totale 100

Ragioni di squalifica: gibbosità e deformazioni scheletriche, rachitismo, ali da cigno, irregolarità del becco, presenza di fanone toracico, grandi macchie sul manto bianco, frigidità sessuale.

Riporto in corsivo, qui di seguito, alcune voci dello standard dell’Oca Italiana riconosciuto dalla nostra federazione con aggiunte alcune mie considerazioni:
Importante modificare il nostro disegno; non va bene, da una oca troppo grassa e pesante, diversa da quella di tutti gli altri Standard, che più avanti vedremo.

Testa Larga, fronte appiattita.
Graziosa e raffinata anche se robusta, arrotondata; ben proporzionata.
Becco Largo, forte, attaccato alto. Arancione con unghiata color carne.
Direi piuttosto: di media lunghezza, con la linea superiore quasi dritta, all’attaccatura più alto che largo e che continua quasi la linea della testa. Colore da rosato ad arancio/rossastro con unghiata rosa/biancastra.
Occhi Grandi.
Posizionati alti nel cranio, rotondi; sguardo ardito.
Di colore grigio chiaro con caruncola oculare rosso arancio
Collo Forte e molto lungo, ricorda nella forma quello di un cigno.
Toglierei che ricorda nella forma quello del Cigno in quanto è portato in genere dritto o solo leggermente arcuato, solo quando il soggetto esplora il terreno assume la classica forma del cigno, ma non è questa la posizione normale; aggiungerei: regolarmente cilindrico, più robusto verso l’attaccatura al tronco, portamento elegante.
Dorso Ben arrotondato, pieno e largo.
Il dorso deve essere ben dritto e non deve assolutamente presentare una forma convessa; largo anche nella parte posteriore; leggermente in discesa, più evidente nel maschio.
Petto Largo, pieno, arrotondato.
Sarei più esauriente: profondo, largo, ben arrotondato, piuttosto basso, senza chiglia.
Ali Forti, grandi ben aderenti.
Le ali devono essere grandi e lunghe, portate alte e ben aderenti; parallele.
Coda Leggermente alzata, corta.
Preferirei una coda che segue la linea col dorso; corta, ma non troppo, arrotondata alla sua estremità.
Zampe Gambe muscolose, ben sviluppate, ricoperte dal piumaggio dei fianchi; tarsi mediamente lunghi, molto forti con dita allungate. Colore arancio intenso.
Zampe posizionate larghe,ben in appiombo.
Gambe abbastanza corte, ben in carne.
Tarsi moderatamente corti, di ossatura piuttosto fine; colore: da arancio a arancio rosato.
Ventre Pieno, largo, fanone semplice, poco sviluppato nei soggetti giovani.
La presenza di un fanone molto sviluppato è una caratteristica in genere richiesta in oche grasse e pesanti, non è il caso dell’Oca Romagnola. Opterei quindi per un ventre pieno e largo; ammesso accenno di fanone unico solo leggermente discendente, accettabile un pò più pronunciato in soggetti di più anni.
Concordo quindi con la descrizione dello standard per l’esposizione di Russi: lungo, largo. Leggermente discendente.
Peso Maschio kg. 6/8
Peso Femmina kg. 5/7
Difetti Gravi Maschio peso inferiore a kg. 5
Femmina peso inferiore a kg. 4

Ritengo importante diminuire il peso. Non conosco quello delle oche oggi esistenti, dal momento che raramente sono state presentate alle esposizioni, ma nella letteratura passata non si parla mai di un’oca pesante, piuttosto di un’oca con alta deposizione – circa 100 uova all’anno è un numero considerevole – e fertilità. Soggetti troppo pesanti raramente sono in possesso di queste due qualità.
Quando si parla di peso è bene tenere presente che l’oca per produzione alimentare è “messa all’ingrasso”, sia per la sua carne che per il suo prezioso fegato. In questo regime può ingrassare fino a più di 4 kg.. È importante chiarire che questo a noi poco importa, il peso che a noi interessa è quello per soggetti da riproduzione.

Per quanto già detto in precedenza darei un peso di kg. 5,2/6,0 per il maschio e di kg. 4,4/5,2 per la femmina. Lo scarto di kg. 0,8 mi sembra necessario per aiutare gli allevatori a rientrare nei ranghi, ma anche per obbligare il Giudice ad una certa tolleranza.
In effetti anche gli Standard americano ed inglese, che hanno mantenuto quello dei soggetti importati, si aggirano su questi pesi.

Piumaggio Conformazione Penne larghe, arrotondate, con abbondante piumino.
Aggiungerei lucente, più rigido e serrato al corpo nella parte superiore e più fitto ed abbondante nella parte inferiore.
Difetti Gravi Giogaia, chiglia pronunciata; assenza di fanone. Qualsiasi riflesso giallastro, piumino grigio.
Aggiungerei peso eccessivo e presenza di troppo grasso; toglierebbe eleganza ed agilità al soggetto.
Toglierei, per quanto prima esposto, assenza di fanone.

Oca Padana
(o Oca Pezzata Veneta?)

Ho sempre conosciuto questa oca come Pezzata Veneta perché così era chiamata nella letteratura che mi è capitato di leggere, tutto al più era chiamata solo “Oca Veneta”, “pezzata” veniva usato soprattutto per distinguerla dalle altre oche nazionali. Mi sembra giusto per quanto già detto chiamarla anche oggi “Oca Pezzata Veneta”. Il “pezzata” sarebbe negativo nel caso in cui venisse creata un’altra colorazione a mantello unito, ma credo, soprattutto lo spero, che questo non accada mai, perciò, che anche per scaramanzia, così la chiamerei.

Modificherei anche l’immagine del nostro Standard, i soggetti sono troppo grossi, l’oca Padana ha un corpo meno voluminoso e più proporzionato, oltretutto è bene abbassare il disegno nel collo del soggetto in seconda posizione ed evidenziarlo in generale più chiaramente.

Std Svedese

Come esempio do il disegno dell’oca Olandese dello standard svedese.
La descrizione morfologica del nostro standard mi sembra adeguata non ci sono quindi importanti modifiche da fare.
Aggiungerei solo, a proposito delle ali: parallele e che non oltrepassino la coda.
Darei piuttosto alcune precisazioni a proposito del disegno. È un disegno molto bello e particolare che si trova molto spesso anche in diverse razze di anatre.
La descrizione del disegno nel nostro standard non è ben chiara ed è errata quando parla delle spalle. La modificherei come segue:
Testa grigia con riflessi opachi; collo – da un quarto fino a metà -, spalle, parte bassa del dorso, piumaggio delle gambe e timoniere, di colore grigio brunastro orlato di bianco; il resto del piumaggio è bianco candido.
Sulle spalle e sul dorso il disegno prende la forma di un cuore, pertanto, per ben mantenerla, non si deve allargare troppo sulle ali.
Sottogola con tracce bianche non è da considerarsi difetto.
Occhi bruni o blu.
Difetti Gravi: Macchie grigie nelle parti che devono essere bianche; disegno non netto nel collo e nelle spalle; forte inframezzatura di bianco nella testa e nella parte alta del collo.
È comunque un disegno difficile da ottenere, in particolare che il colore non invada la parte bianca, e che lo stacco sia in tutte la parti netto. Il taglio del collo deve essere allo stesso livello sull’intera circonferenza.
I soggetti che ho avuto modo di vedere difettavano maggiormente in questa caratteristica.
Importante che l’orlartura sia presente, ben evidente, anche nei fianchi.
Essere comunque più tolleranti nella forma del disegno che nell’invasione della parte bianca.

Oca Padovana

Era un’oca abbastanza pesante, allevata nella campagna padovana. Era preferita per l’ottima carne e il maggior peso e , nonostante ciò, per la discreta deposizione.
Nel 1908 Pascal, nel suo libro Anatre ed Oche da Prodotto, si lamentava del fatto che le nostre oche, non avendo uno Standard, non potevano dichiararsi razze e ne conseguiva che gli allevatori non avevano la possibilità di fare una selezione.

Padovane 8 mesi

Fra tutte le nostre, diciamo tipologie, consigliava in modo particolare la Padovana, non essendo questa molto dissimile dall’allora già famosa, oca di Tolosa; parlava, sia ben chiaro, dell'”Oie de Toulouse sans Bavette – Type Agricole” (Oca di Tolosa senza Giogaia – Tipo Agricolo), detta in genere “da produzione” che tutt’oggi è presente nel libro standard francese, e non di quella che noi meglio conosciamo semplicemente come Oca di Tolosa.
Infatti, faceva notare sempre Pascal, anche nella Padovana erano presenti, anche se non voluminosi come nella Tolosa, i due sacchi di grasso sotto il ventre.
E così concludeva:

«Le due magnifiche razze di Tolosa e di Embden – razza tedesca molto grossa sempre con due fanoni ndr – sono frutto di accurata e costante selezione. E se questa fosse anche rivolta alle due, pure bellissime razze, la padovana e la piacentina, non vi è dubbio che si ricaverebbero due prodotti a quelle rivali e forse anche superiori. La stoffa l’abbiamo, ma la stessa è composta di fili ancora troppo grezzi, raffiniamoli con opportune operazioni di selezione e certo raggiungeremo anche noi la perfezione; noi abbiamo infine due tipi che potremo, volendo, ridurre a razze giganti e perfette come le due consorelle estere, ed allora avremmo una Tolosa a caratteri, dirò così italiani, ed un’Embden in simili condizioni, e vi par poco?»

Benché non sia mai stata ufficialmente riconosciuta è stata presente a più esposizioni in questi ultimi tempi. Evidentemente gode della preferenza di alcuni allevatori.
I soggetti, che ho avuto modo di vedere, erano in genere abbastanza buoni nella forma. Purtroppo il doppio fanone era presente in pochi, alcuni non l’avevano per niente, altri uno soltanto. Non credo però che costituirà un grosso problema, sarà sufficiente, da parte degli allevatori, fare in futuro attenzione a questa caratteristica nella scelta dei riproduttori.

Padovane

Oca Padovana – Allevatore Marino Morosini

Do, qui di seguito, lo Standard che ritengo appropriato. Voglio comunque far notare che diverrà eventualmente ufficiale solo dopo l’approvazione del CTS:

Bozza di Standard Oca Padovana
Origine Italia. Era numerosa nelle campagne del padovano.
Tipologia ed indirizzi per la selezione mantenere un buon peso e la presenza di un doppio fanone ben sviluppato.
La deposizione deve essere buona: circa 60/80 uova all’anno.
Uovo colore del guscio bianco.
Peso minimo g. 140
Anello mm. 24 (o mm. 27?)
Tronco contorni arrotondati; forma armoniosa e regolare.
Portamento leggermente in discesa, più accentuato nel maschio.
Testa non troppo piccola, ma di media grandezza comunque ben proporzionata, che si restringe all’attaccatura del becco.
Becco forte, alto all’attaccatura.
Più corto della larghezza della testa.
Unghiata leggermente piegata ad uncino.
Giallo arancio, unghiata rosata.
Occhi bruni con caruncole oculari rosso arancio.
Faccia guance abbastanza sviluppate.
Collo cilindrico, piuttosto lungo, un po’ più corto e affusolato nella femmina, che si irrobustisce verso l’attaccatura col tronco.
Spalle larghe.
Dorso largo e non troppo arrotondato
Ali ben serrate al corpo e parallele fra loro, abbastanza lunghe ma senza oltrepassare la coda.
Coda abbastanza corta che continua la linea del dorso formando all’attaccatura un leggerissimo angolo.
Petto largo, pieno e profondo.
Zampe gambe di media grossezza, nascoste dal piumaggio dei fianchi.
Tarsi non troppo lunghi e ben proporzionati; colore da giallo arancio a rosei.
Ventre largo abbondante e con doppio fanone molto sviluppato.
Peso È un’oca più pesante della Romagnola, consiglierei un peso di 6,5/7,5 kg.
Piumaggio Conformazione abbondante e ben serrato al corpo, più leggero nella parte inferiore.
Piumaggio Colorazione la colorazione è simile all’oca selvatica: il mantello è grigio scuro brunastro con all’estremità delle penne una fine orlatura bianca.
Parte anteriore del collo più chiara.
Coda grigia con margine bianco.
Ventre grigio chiaro fino a bianco.
Difetti Gravi Soggetti troppo esili e posizione troppo rilevata.
Becco troppo lungo o basso all’attaccatura.
Presenza di giogaia. Fanone singolo o fanoni poco sviluppati.
Bianco nelle remiganti, disegno molto impreciso.

Padovane

Oca Padovana – Allevatore Marino Morosini

Ricordarsi comunque che la forma è caratteristica peculiare; pertanto, leggeri difetti di disegno e colorazione, quali orlatura meno evidente in alcune parti e tonalità grigia più chiara o scura purché non troppo distante da quella richiesta, non influiranno troppo pesantemente sul giudizio finale. L’amico Marino Morosini, che alleva questa oca da molto tempo – e qui mi spiace, ma devo fargli una nota di demerito per non averne chiesto il riconoscimento – mi informa che esiste dimorfismo sessuale, in quanto il maschio adulto ha una tonalità di grigio più scura ed intensa. Ciò è molto importante perché sarebbe un grosso aiuto nell’allevamento.

Oca Piacentina ed Oca di Lomellina

La prima, estinta gia intorno agli anni 60, era un’oca bianca più piccola e meno produttiva della consorella Romagnola.

Della seconda tutto ciò che si sa proviene dalla memoria popolare, in quanto niente è stato scritto. Era comunque un’oca di peso medio, la colorazione ed il disegno non erano ben definiti, si trattava però di una macchiettatura blu su piumaggio bianco.

Sono dell’opinione di non prendere in considerazione queste due oche, in quanto le notizie sono scarse, ma di dedicarsi al momento solo alla selezione e all’incremento di quanto già abbiamo.

Giudizio e Selezione

Le norme che regolano il giudizio sono sempre le stesse che regolano la selezione.
Personalmente sono sempre stato d’accordo sul detto “il miglior giudice è l’allevatore”, quando per allevatore si intende persona seria che prende il suo hobby come una missione, in special modo con razze in pericolo di estinzione o dove sono da ritrovare quelle caratteristiche di razza che, a causa di “malaselezione” o incroci scriteriati, sono andate perse. In tale situazione è sempre necessario avere tanta passione ed armarsi di tanta pazienza: passione e pazienza, due qualità necessarie a chi sogna, per i suoi beniamini, la perfezione, purtroppo spesso irraggiungibile.
Pertanto consiglio ai giudici, prima di tutto, una buona tolleranza. Sono poche le oche allevate, oltretutto sono state lasciate, in questi ultimi anni, in balia di allevamenti perlopiù rurali per cui la sola caratteristica peculiare ricercata era la precocità alla pentola.

Giudicare le oche non è, come può sembrare a prima vista, cosa facile.
Occorre prima di tutto una buona conoscenza dei punti morfologici e sapere quelli che hanno più o meno importanza ai fini di una valutazione.

Necessario, come ho già detto in altre occasioni, è, prima dell’inizio del giudizio, non avvicinarsi troppo alle gabbie, ma osservare gli animali ad una distanza tale che rimangano tranquilli – per quanto gli sia possibile rinchiusi in una gabbia – e valutare quelle caratteristiche: posizione del corpo, delle ali e della coda, che sarebbero altrimenti alterate da uno stato di agitazione e verrebbero, in questo caso, ingiustamente penalizzate.
Le ali, ad esempio, si richiedono, in tutte le tipologie, parallele; non si devono pertanto incrociare sulla coda; è una importante caratteristica da tenere presente nella scelta dei riproduttori.

Una carrellata sui soggetti della stessa razza serve anche a rendersi conto del livello generale e poter decidere così il metro di giudizio da attuare; ovviamente c’è un limite oltre il quale il giudice non può andare, ma è giusto che il criterio di giudizio vari a seconda della selezione raggiunta, diventando poi sempre più esigente man mano che il livello in generale migliora.
Tenere presente che ogni razza ha una mole da rispettare, non premiare quindi la grossezza se non richiesta.

Nella parte inferiore del tronco può essere presente un fanone, singolo o doppio, nella parte ventrale, o una chiglia in corrispondenza dell’addome. Queste devono essere richieste espressamente dallo Standard altrimenti sono da considerarsi difetto grave.
Nell’oca Italiana (o Romagnola) il fanone deve essere, se presente, non troppo sviluppato, ma solo leggermente discendente.
Nella Padana (o Pezzata Veneta) il fanone è richiesto semplice, anche se più sviluppato che nell’ Italiana. Non è comunque richiesto troppo sviluppato nei soggetti giovani.
Nella Padovana invece, oca più pesante e carnosa, il fanone è richiesto doppio e ben sviluppato. Essere comunque tolleranti nei soggetti giovani.
Giudicare con attenzione questa parte e dare buoni consigli all’allevatore sul cartellino, ma non essere intransigenti. Nelle oche che ho visto in questi ultimi tempi, di tutte le nostre razze, questa caratteristica non era ancora ben fissata, penalizzare quindi la presenza di due fanoni quando richiesto uno soltanto, ma essere tolleranti sulla misura. Di fronte ad un soggetto di buona forma e colorazione ben mi guarderei dal penalizzarlo per un fanone troppo sviluppato.
La chiglia non è richiesta in nessuna della nostre razze, mentre, ad esempio, è richiesta nell’oca di Tolosa.
Tenere presente che nelle femmine di più anni la parte ventrale è sempre più bassa.
Non considererei difetto grave la presenza del ciuffetto sulla testa nell’oca Italiana ( o Romagnola); di fronte ad un soggetto di buona forma e colore non esiterei a dare un “Molto Buono”.
La lunghezza del collo è importante, e qui è facile “farci l’occhio”. Le nostre oche non hanno un collo lungo come la Emden, ma neanche corto come l’oca Ceca; il collo è importante sia nella sua grossezza che lunghezza in quanto potrebbe alterare l’equilibrio richiesto.
Il colore dell’occhio in genere cambia a seconda della razza e della colorazione. Fortunatamente le nostre hanno, almeno per il momento, una sola colorazione per ogni razza mentre ad esempio, nella Padana (o Pezzata Veneta) va bene sia bruno scuro che blu, ma quando non si da questa alternativa è necessario penalizzare il difetto.
Le zampe, gamba e tarso, sono una caratteristica importante nell’oca, pertanto vanno ben valutate. Sono pascolatici, devono quindi poter camminare agevolmente, nonostante il peso. Di conseguenza saranno ben dritte ed avranno un buon appiombo, ben posizionate alla metà del tronco ed in linea con la parte esterna. I tarsi: la gamba in genere non è in vista, devono essere forti, ma non troppo lunghi, con una giusta ossatura, non troppo grossa, specialmente nelle razze leggere. Le dita lunghe ed affusolate sono unite da una membrana interdigitale ben distesa, da dito a dito, fino all’inizio dell’unghia.
La parte inferiore del piede deve essere pulita, senza croste, indice di una vita in ambienti inadatti, e dello stesso colore, solo un po’ più chiaro, della parte superiore.
Il petto al tatto deve essere sodo e carnoso, petti vuoti e troppo flaccidi vanno penalizzati.
In tutte le nostre razze non è richiesta la giogaia. Questa se presente svaluta pesantemente il soggetto in quanto è chiaro l’incrocio con altre razze estere.
Ripeto ancora che io, e tutti gli altri membri del Comitato Tecnico Scientifico (CTS), aspettiamo con piacere una vostra richiesta di aiuto o un aiuto da voi nel caso possiate darcelo.


Bibliografia
  • Ferruccio Frau-Sanna: Allevamento Dell’Oca – 1940
  • Teodoro Pascal: Anatre ed Oche da Prodotto – 1908
  • Rivista Avicola “Bassa Corte” – 1927
  • Prof. F. Faelli: Animali da Cortile – 1923
  • British Poultry Standards
  • American Standard of Perfection
  • Danmarks Fjerkraeavler Forening for Raceavl – 1989 (Standard Danese)
  • Svensk Fjaderfae Standard – 1993 (Standard Svedese)
  • Vzornick Plemen Drtuebeze – 1986 (Standard Rep. Ceca)

Ringrazio Alessio Zanon per il materiale che in passato mi ha inviato.